Nel 1975, insieme a Silvano Agosti, Marco Bellocchio e Sandro Petraglia, Stefano Rulli realizzò Matti da slegare, forse ancora oggi il più significativo documento filmato sul mondo della malattia mentale e sul perché fosse necessaria la legge Basaglia. A trent'anni di distanza - e dopo aver contribuito alla crescita e all'affermazione di un certo cinema italiano, scrivendo (sempre insieme a Petraglia) sceneggiature come Il ladro di bambini, La meglio gioventù e Le chiavi di casa - Rulli torna dietro la macchina da presa, stavolta per svelare il più intimo, personale rapporto che lo lega a Un silenzio particolare. Presentato nella sezione Cinema Digitale a Venezia 61, racconta del difficile rapporto tra Matteo - ragazzo autistico ventiquattrenne - e i suoi genitori, la scrittrice Clara Sereni e Rulli stesso. Un filmino in super8 li riporta indietro nel tempo, a quando Matteo muoveva i primi passi e il suo universo non era così difficilmente penetrabile. Il presente, apparentemente meno sgranato, "letto" attraverso alcuni passaggi di Stefano per il figlio, è contraddistinto dalla continua ricerca di un riavvicinamento: l'inaugurazione de "La città del sole" - agriturismo a Perugia (fortemente voluto da Stefano e Clara) che accoglie persone "con bisogni speciali", luogo dove poter trascorrere una vacanza senza correre il rischio della ghettizzazione del "diverso" - sarà il pretesto per provare a rincontrarsi. Passeranno dei mesi, però, prima che la diffidenza di Matteo venga smussata: la morte di una ragazza, il matrimonio di due amici e la nascita di una bambina saranno le tappe che lo aiuteranno ad "entrare", in tutti i sensi, nello spirito del casale. Sarà solo dopo una notte spezzata dal vento, nella quale il ragazzo invocherà l'arrivo di "un silenzio particolare", che un nuovo abbraccio lo riporterà infine fra le braccia di mamma Clara. Non esiste alcun filtro fra la realtà del vero e quella rappresentata nel lavoro di Rulli: la macchina da presa - senza la mediazione di un copione prestabilito - segue i momenti significativi e le reazioni (a volte anche violente) di Matteo, accompagnandone gli stati d'animo con delicato, mai ricattatorio pudore. Quello che ne risulta è un film (documentario) intenso e sincero, intimamente doloroso ma al contempo ricco di gioia.