Da Via Mejo de Gnente a Palazzo Grazioli. Dal periferico quartiere di Ponte di Nona al cuore del basso impero romano. Un giorno come tanti, due giovani come mille altri, la Bellissima Gina (Giulia Valentini, brava e deb) e l'autista (Filippo Scicchitano, Scialla!) che deve condurla dall'On. Balestra.

Obiettivo, farsi raccomandare ed entrare nel mondo dello spettacolo: ingresso libero, consumazione sessuale obbligatoria. Gina finirà in ginocchio, ma non solo lei: la colpa è una neve che ci ricopre tutti, ricorda Francesca Comencini. Già in Concorso a Venezia, il film piccolo e indipendente (produce Palomar) si chiama Un giorno speciale, e il titolo stride assai: è il trionfo della (sub)normalità, che conduce al macello, un macello ottuso, sordo, autistico, da elaborare - si fa per dire - di fronte al piccolo schermo di una tv.

La regista freme di rabbia, così gli interpreti, ma i suoi personaggi? Eterodiretti dal potere: quello catodico, quello del Palazzo. Due pedine, due rotelle di un Sistema che tutto consuma per rimanere tale: illusione centrifuga, delusione centripeta, i giovani si sacrificano per auto-combustione. Volontaria, questo è il problema, e la Comencini certifica. Cronaca di un disastro annunciato.

E non è finita, altro che fuori tempo massimo o "quante volte l'abbiamo già sentito?". Del resto, non è del cinema questa coazione a ripetere, ma dell'Italia. Coazione a ripetersi, e in peggio: la specialità nostrana?