Frédéric (Louis Garrel), giovane pittore, si schianta volontariamente con l'auto contro un albero. Muore. Paul (Jérome Robart), aspirante attore e suo caro amico, ci ricorda come si sono conosciuti, la loro estate romana e i loro rispettivi amori. Il primo, sposato con l'attrice Angèle (Monica Bellucci), lascia che il rapporto si sbricioli giorno dopo giorno davanti ai suoi occhi; il secondo è nel pieno di una nuova relazione, con Elisabeth (Céline Sallette), ragazza che lo accompagna in Italia per la visita all'amico.
A sei anni da Les amants réguliers (Leone d'argento e Osella al miglior contributo tecnico), Philippe Garrel torna in Concorso a Venezia con un film dal respiro cortissimo, poggiato su uno script sbilenco (nato in seguito al dolore per la perdita di "un caro amico", il padre Maurice, firmato dal regista insieme al sodale Marc Cholodenko e Caroline Deruas-Garrel) e caratterizzato da alcune scene madri (la Bellucci che piange, la Bellucci che sospira, la Bellucci che fissa un punto) che non faticheranno ad entrare nella top ten degli scult di questo 2011 cinematografico.
Riflessione su amore e amicizia, arte e politica, questa estate bollente squaglia non proprio il cuore, ma i residui di pazienza: alla fine su tutto vincono verbosità anacronistiche (ancora campano le dissertazioni su rivoluzioni sperate e sulla differenza tra tradimento borghese e infedeltà libera!) e interpretazioni al limite del sopportabile, con il figlio del regista, Louis, per la terza volta consecutiva protagonista di un film del padre, ormai "settato" su un nichilismo alla Vincent Gallo dei poveri e Monica Bellucci in un ruolo che - metacinematograficamente parlando - non può non far pensare alla Bardot del godardiano Le Mépris, con tanto di "calco" iniziale della scena distesa nuda sul letto. Giochino che purtroppo non riesce a colmare di senso un film più inutile che brutto. Acquistato dalla Wave, arriverà nelle sale italiane in autunno. Forse.