Nella produzione cinematografica del 2005 l'inaspettata paternità è stata un tema ricorrente: Tre sepolture, L'enfant, Broken Flowers, solo per citare alcune pellicole. Nell'opera prima di Duncan Tucker, anche sceneggiatore, questo Leitmotiv è installato in un territorio transgender. Stanley (Felicity Huffman) è in attesa dell'operazione chirurgica che segnerà la sua definitiva trasformazione in Sabrina Claire Osborne, ma avrà il placet della sua terapista solo a una condizione: deve incontrare Toby (Kevin Zegers), figlio ignoto di una vecchia relazione eterosessuale ora detenuto a New York. Bree si presenta quale missionaria cristiana: Toby non sa che Sabrina è Stanley, che lui/lei è suo padre/sua madre. I due intraprendono un viaggio on the road da N.Y. a L.A. mossi da differenti intenzioni: l'operazione per Bree, l'ingresso nel cinema porno per Toby. One man/woman show, Transamerica si issa sulla straordinaria metamorfosi della protagonista Felicity Huffman, che ha dovuto guadagnarsi fama sul piccolo schermo quale "casalinga disperata" per ambire a ruoli principali sul grande. È lei a incarnare la qualità fondamentale del film: non considerare il transessuale quale caso umano, secondo derive camp o freak già esplorate in Priscilla - La regina del deserto e Hedwig and the Angry Inch, ma quale persona. Un traguardo raggiunto con una recitazione simpatetica, ispirata da un confessabile desiderio di normalità. Che, all'opposto, la sceneggiatura nega alla famiglia d'origine di Stanley/Sabrina, fotografata in un technicolor caricaturale. Come pure paiono forzati il conservatorismo anti-alcoolico nei confronti di Toby, peraltro ragazzo di strada ritratto senza concessione agli stereotipi, e sovrabbondanti le molestie sessuali del patrigno all'origine della fuga di casa del ragazzo. Debolezze che non inficiano la qualità di un film che con sequenze divertite, scenografie di "confine" e la colonna sonora frizzante di David Mansfield sa – letteralmente - spianare la strada a Bree. Verso l'etero-accettazione.