Chissà se Jason Reitman concepisce i suoi film come vediamo fare a Clooney con le proprie valigie. Parrebbe di sì: se il protagonista di Tra le nuvole è un maestro nell'organizzare gli spazi (fino al punto da presiedere conferenze sul tema), scegliere l'occorrente, sistemarlo nel migliore dei modi e viaggiare spedito, leggero, e senza necessitare di nulla, il regista non è meno abile nel costruire itinerari narrativi senza sbavature, mai superflui, chiusi e scorrevoli anche quando imbarcano di tutto. La differenza è che la valigia di Clooney, anche se provvista di ogni cosa, rimane incommensurabilmente vuota, di quel vuoto che non si può misurare.
La commedia di Reitman rivela invece un doppio fondo: sotto il primo strato di leggerezza c'è tutto un mondo di problemi importanti, argomenti seri, risvolti che fanno pensare. Tra le nuvole parla di fallimenti personali e disastri economici, solitudine e vecchiaia, verità e finzione, cuore e feticci. E diverte tantissimo. Come Juno, ma con gusto un pò (più) amaro.
Il protagonista, Ryan Bingham, è un tagliatore di teste. Il suo lavoro - la sua vita - consiste nell'andare da una parte all'altra del continente americano a licenziare gente per conto di altri. In questo è un impagabile professionista. Li fa fessi e contenti. Nel frattempo colleziona miglia con la American Airlines - la sua massima aspirazione è raggiungere "dieci milioni di miglia di volo" - fidelity cards, privilegi tra i club più esclusivi, passpartout ai migliori servizi alberghieri e "parentesi affettive" con occasionali compagne di viaggio. Nessuna complicazione, zero responsabilità, schietto cinismo.
Il way of life del capitalismo degenerato - da predoni col mocassino firmato - rivela in Bingham la sua faccia più presentabile e perciò maggiormente pericolosa. Una grazia per Clooney, che becca forse il ruolo della vita, un mix terrificante di brillante ironia e umana pochezza. Se l'attore non sarà mai abbastanza grato a Reitman, il personaggio dovrà invece pentirsi della propria condotta, complici due donne: una della sua stessa specie e freddura, l'altra più giovane e meno spietata - Vera Farmiga e Anna Kendrick, entrambe brave, la prima anche bella.
Niente paura comunque, nessun happy end in agguato: il regista è bravo a evitare le trappole del sentimentalismo indovinando il giusto finale. E facendo di Tra le nuvole qualcosa di più e di meglio di un perfetto meccanismo drammaturgico (non c'è battuta, situazione e dettaglio fuori posto). Una grande commedia sulla crisi che rivela come il cinema, quello americano almeno, goda invece di ottima salute.