L’isola di Cipro è divisa dal 1974 in due territori, uno greco-cipriota e uno turco-cipriota. Nicosia è, pertanto, l’ultima capitale europea a vivere con un muro che la divide a metà.

Non è inusuale che il cinema racconti situazioni simili, proprio perché rende loro giustizia. Questa la strada percorsa anche da Marios Piperides, regista cipriota al debutto, che sceglie la chiave ironica per raccontare l’assurda divisione di Nicosia.

Assurda perché separa due frammenti dello stesso popolo, fatto di terze generazioni cresciute a un passo l’una dall’altra, senza mai conoscersi veramente. Il passato ha generato un odio storico, recrudescente, è impossibile dimenticarlo. Ma è altrettanto impossibile rinunciare a vendicarlo?

Yiannis, egregiamente interpretato dall’Adam Bousdoukos di Soul Kitchen (2009), è un musicista fallito in ristrettezze economiche. Lo cerca la padrona di casa, per l’affitto in ritardo di mesi. Lo cercano due minacciosi energumeni, per riavere un prestito con gli interessi. Non lo cerca, ma è da lui attentamente evitata, l’ex fidanzata, ormai tra le braccia di qualcuno capace di darle sicurezza. L’unico conforto rimastogli è proprio quello del cane Jimi.

Non è quindi una sorpresa che il protagonista sia pronto a tutto, quando il cane rimane intrappolato dalla parte turca del confine. Persino collaborare con Hasan (un ottimo Fatih Al), turco-cipriota insediatosi nella vecchia casa dei suoi genitori.

Distribuita da Tucker Film dal 18 aprile, la pellicola sottotitolata profeticamente “10 cose da non fare quando perdi il tuo cane a Cipro” è un’avventura orizzontale che, scatenata dalla fuga di Jimi, conduce a svariati tentativi di recupero e contrabbando del quadrupede, via terra e via mare.

Imprevisto dopo imprevisto, la situazione riesce a complicarsi e variare in ogni fase del film, donandogli la leggerezza necessaria per sottolineare il paradosso cipriota, altrimenti drammatico.

Pur mancando di guizzi davvero esplosivi, e cedendo a un evitabile deus ex machina sul finale, il team che si crea a schermo (cui si uniscono Vicky Papadopoulou e Ozgur Karadeniz) funziona. Soprattutto, l’intenzione del regista resta nitida fino in fondo e il medium cinema, ancora una volta, rende i muri un po’ meno spessi.