La meraviglia (Mont Saint Michel, in Francia) e l'inganno (Bartlesville, Oklahoma): l'amore e l'inerzia, la terra e lo spirito. "L'uomo che sbaglia sarà perdonato. Mentre con l'uomo che non sceglie, che esita, Dio non saprà cosa fare": Terrence Malick ha "scelto". Ha scelto di tornare a fare cinema e, in qualche modo, ci chiede di perdonargli alcune cose. L'assenza, in primo luogo, a cui ci aveva abituati da sempre (To the Wonder arriva solamente un anno dopo The Tree of Life, unicum nel percorso artistico di un cineasta che, fino al 2011, aveva realizzato 5 film in 38 anni) e il diverso approccio al racconto per immagini, ancora una volta predominanti a discapito di una struttura meno controllata, e convincente, rispetto alle opere precedenti.
Un altro flusso di coscienza, dopo il film Palma d'Oro con Brad Pitt, stavolta non per contrapporre il macrocosmo (l'universo) al microcosmo (una famiglia), ma per esplorare le affinità e le differenze tra l'amore terreno e quello spirituale: lei (Olga Kurylenko) è una giovane mamma single, lui (Ben Affleck) un "aspirante scrittore" (si legge nelle note, ma nel film nessuno lo accenna). Si amano, decidono di andare a vivere insieme: la passione, l'esplorazione che li abitava in Francia, lasciano spazio ai problemi della quotidianità in Oklahoma. Lui lavora come ispettore ambientale, lei insiste per sposarsi. "L'amore ci rende uno", dice la voce over della Kurylenko, "l'amore sacro è come una sorgente che sgorga ininterrottamente, quello umano un ruscello che a volte si può interrompere", sentiamo invece dai pensieri del prete interpretato da Javier Bardem, figura centrale del film in termini di perseveranza (nei confronti dei bisognosi) e dubbio (nei confronti della fede).
To the Wonder regala ascese vorticose alternate a rovinose cadute (francamente incomprensibile, seppur relegato ad un'unica sequenza, il "personaggio" interpretato da Romina Mondello...), si apre con un montaggio di immagini sgranate, "amatoriali", vacanziere, spensierate, per giungere alla meraviglia e alla complessità di tramonti multistrato e nuvole dalle quali cogliere nuovi spiragli: l'amore è eterno, ci dice Malick, non il modo di viverlo, però. Non è un caso, allora, che il regista ci mostri Ben Affleck quando si misura con la terra, raccogliendone campioni, così come sembra vivere il rapporto con le due donne del film (Rachel McAdams è un'amica d'infanzia con cui vivrà una storia momentanea quando la Kurylenko torna in Francia allo scadere del visto): un uomo che riceve più di quanto sia capace di donare, in termini di affetto e impegno. Che ama, ma che forse non sa "vivere" l'amore, sospeso tanto quanto il film. Che è imperfetto e sorprendente, retorico e avvolgente, noioso e spettacolare: come i pensieri. E la vita.