Road movie, anzi, Grand tour movie. Quello che vede protagonista Edmund Burke, anima pulsante di The Trouble with Nature, già passato al Festival di Rotterdam e ora in concorso nella sezione Nuove Impronte a ShorTS 2020. È il 1769 quando il filosofo, in fuga da Londra dove è rincorso da esattori e fantasmi privati, intraprende un viaggio sulle Alpi con l’obiettivo di riscrivere il suo libro sul Sublime.

A Burke, tra i massimi teorici del Romanticismo, si deve la speculazione sul termine “sublime”: nella parola che indica ciò che è oltre la soglia, al di là del limite consentito, Burke vede tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo. Motivo del Grand tour, in fondo, è proprio misurarsi con quell’“orrendo che affascina”, così terribile da suscitare terrore dunque la più forte emozione possibile per l’animo umano.

 

È chiaro che la conoscenza anche superficiale di elementi della filosofia di Burke è necessaria per accedere a The Trouble with Nature, opera prima del danese Illum Jacobi che in tutti i modi cerca di non intimorire gli spettatori più insicuri. Lo fa inserendo raccordi che vorrebbero alleggerire la dotta esplorazione del mastodontico protagonista mettendone in luce le latenze, la goffaggine, i tormenti. In fin dei conti, tuttavia, Jacobi finisce per dialogare meglio con chi con il magistero di Burke ha una qualche confidenza, proponendo altresì a chi è digiuno il ritratto di un uomo di mezz’età ossessionato dal tempo che passa e dalla precarietà finanziaria.

Più che fervore iconoclasta si tratta forse – si passi l’espressione – di operazione simpatia, volta a scandagliare gli aspetti più umani di uno di quei personaggi che spesso si tende a monumentalizzare un po’ pigramente. Interessante l’assunto: la riscrittura del trattato Un’indagine filosofica sull'origine delle nostre idee di Sublime e Bello risponde sì a un’esigenza filosofica (Burke lo scrisse a diciannove anni, nel film è uno scarmigliato quarantenne) e al contempo a un bisogno economico, perché la riedizione del capolavoro giovanile potrebbe garantirgli qualche entrata di non poco conto.

Le due componenti sono strettamente connesse e l’incontro con la natura – tanto “pensata” quanto mai vissuta – è per lui una tappa fondamentale. E, chissà, vuoi vedere che quella stessa natura non è poi così sublime? The Trouble with Nature racconta un viaggio rocambolesco, certo, ma anche il progressivo coming of age della serva di Burke, un’indigena delle Indie Occidentali presa in prestito dalla piantagione del fratello. Dove non arriva il colto, arriva l’incolta: è lei a percepire quelle sensazioni evocate e mai sperimentate da Burke, a individuare nella natura un legame ancestrale che al filosofo sembra essere precluso.

 

Nella rilettura di Jacobi, il povero Burke sembra un uomo ridicolo e il film la tragedia che ne piccona lo statuto. Immersivo ed elegantissimo nella fattura (spettacolare la fotografia di Frederik Jacobi), The Trouble with Nature rincorre continuamente l’immagine sublime alla maniera del suo antieroe, ma con la consapevolezza di raccontare un fallimento nei termini di un dramma comico e a tratti scatologico. Dominato da un iconico finale che testimonia, tutto sommato, affetto e comprensione nei confronti di un povero cristo travolto dalla natura.