Il lungometraggio d'esordio di Paolo Mitton (in Festa Mobile a Torino 31) tenta di mescolare commedia e ritratto generazionale. O forse no. Le intenzioni del film rimangono poco chiare. Il ritmo blando, la staticità protratta delle inquadrature, l'assenza quasi totale di battute fulminanti o anche solo memorabili sembra, a un primo impatto, voler escludere intenzioni ridanciane, ma d'altro canto non si capisce fino a che punto si voglia portare a fondo l'analisi sociale, se pure l'intenzione iniziale fosse stata questa.
La storia del bamboleggiante Scanio (Daniele Savoca) si riassume tutta nel suo strampalato, stralunato metodo di approccio al mondo; ingegnere mancato, riparatore di macchine del caffè per vocazione, questo fin troppo stantio e fin troppo italico antieroe trentenne racconta, in un flashback lungo quanto tutto il film, le motivazioni alla base del ritiro della sua patente e che lo hanno condotto a frequentare un corso di recupero punti in un'autoscuola. Calati dentro un'anonima provincia piemontese (già: da cosa capiamo di essere in Piemonte? Forse dal colore dei mattoni delle case?), seguiamo il traballante Scanio ripercorrere le fasi culminanti del suo ultimo anno di vita, le sue vicissitudini lavorative, le insopportabili cene domestiche con gli amici “realizzati”, le chiacchierate col sapiente/aiutante di turno (questa volta tocca a un inedito zio panettiere), sino al rapporto con una bizzarra sociologa inglese che si innamora di lui e se lo porta a casa. Fin quando, immancabilmente, la degenerazione mentale del protagonista conduce alla definitiva implosione e al fallimento di una relazione apatica come il suo principale attore.
In conclusione, il film sembra non voler proprio andare da nessuna parte; si contano un protagonista troppo abulico da approfondire e una serie di personaggi sbiaditi a fargli da contorno, una “cornice” sociale inspiegabilmente lasciata andare alla deriva nel bel mezzo del film e un'ambientazione tutta giocata fra interni claustrofobici e soffocanti. The Repairman non decolla mai, eppure non sta nemmeno a terra: galleggia fra le nubi come l'eternamente sbigottito Scanio.