E' bello sapere che nel mondo dello spettacolo esistono ancora uomini come Guillermo Del Toro. Lungi dal darsi arie da star nonostante la raggiunta ribalta americana, Del Toro dedica il suo (poco) tempo libero al visionare i video (i cosiddetti show-reel) che i giovani registi gli mandano; se ciò che vede gli piace, convoca il responsabile e… gli offre un lavoro. In Italia sarebbe pura fantascienza. Così è successo che l'esordiente Juan Antonio Bayona, ha potuto realizzare The Orphanage, ovvero una delle più affascinanti e coinvolgenti ghost story degli ultimi anni. Sotto l'ala del buon Guillermo (in veste di produttore/garante) il giovane regista spagnolo ha messo in scena un film romanticamente old fashion ma che riesce, anche, a suscitare veri brividi di inquietudine. La storia ha come protagonista Laura, una donna che decide di comprarsi l'orfanatrofio in cui ha passato l'infanzia e trasformarlo in un ricovero per bambini handicappati. Il giorno dell'apertura, però, suo figlio adottivo Roger (che passava il tempo a giocare con amici immaginari) scompare misteriosamente. Laura non si dà per vinta perché è convinta che i suoi piccoli "amici" tengano prigioniero il figlio all'interno della casa. Detto così non sembra nulla di originale; di bambini fantasmi ne abbiamo visti molti (troppi) ultimamente, ma il modo in cui Bayona e lo sceneggiatore Sergio Sanchez sanno orchestrare la vicenda (unitamente al twist finale) riuscirebbe a ridare vigore anche allo spunto più sfruttato. Belén Rueda è bravissima e, grazie a lei, l'incubo più grande di ogni genitore diventa anche il nostro, per non dissolversi nemmeno una volta riaccese le luci della sala. Horror gotico d'atmosfera ma anche (e forse è la cosa più importante) di personaggi, The Orphanage può contare su una regia ispirata, ricca di dettagli e primi piani "emotivi" e su un equilibrio narrativo che mira alla commozione senza mai scadere nel patetico.