Un anno dopo Babi Yar. Context (presentato in Special Screening a Cannes, dove lo scorso maggio ha portato anche The Natural History of Destruction), Sergei Loznitsa ritorna agli orrori della Seconda Guerra Mondiale, nella fattispecie alle atrocità commesse dai nazisti sul territorio ucraino un tempo appartenente all’Unione Sovietica.

Sorta di “sequel” ideale di Babi Yar (documento straordinario che riportava a galla il massacro avvenuto nel settembre 1941, con oltre 33mila ebrei uccisi dalle SS), The Kiev Trial – come da titolo – restituisce all’oggi filmati d’archivio inediti atti a ricostruire alcuni momenti chiave dello storico processo (anche noto come la “Norimberga di Kiev”) svoltosi il 17 e il 18 gennaio 1946, con 15 imputati – nazisti tedeschi e loro collaboratori – accusati di quelli che poi vennero riconosciuti come “crimini contro l’umanità”, 12 dei quali condannati alla pena dell’impiccagione.

THE_KIEV_TRIAL_STILL_2_©ATOMS_&_VOID
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Le dichiarazioni degli imputati, quelle – devastanti – dei testimoni scampati ai massacri o miracolosamente sopravvissuti ai campi di concentramento, la banalità del male ritorna prepotentemente a bussare di fronte ai nostri sguardi, ricordandoci che la Storia è un vizio di forma con cui il presente non è stato in grado di troncare alcun ponte.

“Non potevo immaginare neanche nei miei incubi peggiori che l’Ucraina potesse tornare, oggi, ad essere teatro di battaglia con civili innocenti nuovamente sottoposti a violenze brutali. Solo che questa volta i barbari invasori indossano uniformi russe. Siamo tornati indietro di 80 anni e nessuna lezione della nostra storia è stata appresa. Spero che non si debba aspettare troppo prima che i responsabili dei crimini contro l’umanità che vengono commessi oggi in Ucraina siano assicurati alla giustizia”.

Prosegue dunque incessante il lavoro del regista ucraino di origini bielorusse per combattere con forza il cronocidio: come per gli orrori del fossato di Babi Yar (pagina che lo stesso regime sovietico all’epoca cercò di seppellire), anche stavolta il recupero di filmati negli Archivi di stato russi e ucraini (ritrovati da Loznitsa proprio mentre faceva ricerche per il lavoro precedente) è stato fondamentale per riportare in vita nella sua interezza un documento audiovisivo che, solamente in piccola parte, venne reso pubblico in un cinegiornale del ’46.

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“Come sempre, il mio obiettivo era ripristinare sia l'immagine che il suono, raggiungere la massima qualità possibile. E come nei miei precedenti lavori di montaggio basati su filmati d'archivio ho fatto ricorso a didascalie per fornire informazioni fattuali su luoghi, personaggi ed eventi”, spiega ancora Loznitsa, che ragiona anche sulla sequenza con cui si chiude The Kiev Trial, quella – che avevamo già visto in Babi Yar. Context – dell’impiccagione pubblica in piazza Kalinin (oggi Piazza Indipendenza, la stessa raccontata dal regista in Maidan, doc che osservava i giorni della rivoluzione del 2014), il 29 gennaio 1946, con oltre 200.000 persone ad assistere: “È una scena che aggiunge un’altra dimensione all’intero evento perché è altrettanto orribile quanto i momenti in cui confessano i crimini che hanno commesso. Si aprono questioni interessanti, relative al modo in cui la legge e la giustizia operano nella società umana e ai modi in cui l'uomo e la società stessa continuano ad operare”.