Una sconvolgente catastrofe naturale, lo tsunami più violento della storia che nel 2004 colpì la costa sudorientale dell'Asia, uccidendo 300.000 persone: The Impossible – come da titolo – racconta l'incredibile storia di una famiglia, Maria, Quique, Lucas, Tomas e Simon, miracolosamente scampata all'evento e, altrettanto miracolosamente, riuscita a ritrovarsi nel caos e nella devastazione, nel dolore e nelle ferite delle ore successive alla tragedia.
Diretto da J.A. Bayona (che nel 2008 raccolse consensi con la ghost-story The Orphanage), The Impossible è il film che ha incassato di più nella storia del cinema spagnolo (quasi 40 milioni di euro): la vicenda, reale, è quella capitata a Maria Belon, al marito e ai tre figli. Il relax di un Natale trascorso in un lussuoso resort thailandese che senza preavviso si trasforma in un incubo dalla portata inaudita: un ronzio in lontananza, la fuga degli uccelli, il boato di un'onda che travolge e spazza via, in un attimo, tutto quello che incontra. La donna (Naomi Watts) e Lucas, il maggiore dei tre bambini, si ritrovano in un fiume in piena, acqua e fango, detriti e tronchi: si mettono in salvo, ma Maria è ferita ad una gamba e al torace.
Fin qui il film di Bayona è una macchina quasi perfetta che riesce a coniugare la spettacolarità del disaster movie al dramma di un immediato “dopo”, in cui la sorpresa di essere ancora vivo si mescola con la paura di aver perso i propri cari e con la consapevolezza di una distruzione che appare senza rimedio.
Poco a poco, però, The Impossible cede il passo alle dinamiche che, quasi sempre, sul grande schermo da “reali” si fanno “inverosimili”: il limite di un cinema che, paradossalmente, è chiamato a togliere per farsi credibile e che l'eccezionalità di una storia vera non premia, mortificandone gli esiti. Non era facile, è vero, ma forse sarebbe bastato calcare un po' meno la mano, senza sottomettersi all'enfasi che, giocoforza, finisce per caratterizzare ogni singola sequenza. Rendendo davvero impossibile la riuscita del film.