Il talento principale di Juho Kuosmanen, che a Torino presenta la sua opera prima The Happiest Day in the Life of Olli Maki dopo aver vinto il Certain regard di Cannes, è quello di rendere espressiva e non banale la dinamica tra interni ed esterni, tra la poesia realistica della natura finnica (con occhi a Renoir e Carné) e la piccolezza esistenziali di case, palestre, alberghi.

Il film racconta dell’Olli Maki del titolo, un pugile che negli anni ’60 si trova a un bivio della sua carriera: un incontro per il titolo mondiale contro il campione americano in una categoria non sua. Mentre Olli si allena e cerca di perdere peso, l’interesse mediatico intorno a lui cresce come il suo amore per Raija. Scritto dal regista con Mikko Myllylahti, The Happiest Day in the Life of Olli Maki è una commedia che su uno sfondo vicino al cinema di Kaurismaki (bianco e nero corposo, milieu perdente ma sognatore, il pugilato) ne fa un film opposto per stile e andamento.

Kuosmanen lavora innanzitutto sulla concretezza dei personaggi - realmente esistiti - che viene resa con la grana della fotografia di Jani-Petteri Passi e di una regia che li segue e li inquadra senza l’ossessività di molto cinema europeo, ma in modo più disinvolto. Una disinvoltura che permette di rendere convincente e a suo modo originale il conflitto abbastanza convenzionali tra le ambizioni professionali e le esigenze personali, tra amore e lavoro, tra le pressioni esterne e le pulsioni interne, tra gli obiettivi che si scelgono e la vita che scorre loro dietro. E in questo senso diventano fondamentali gli squarci lirici che il regista apre di tanto in tanto, una corsa sul fiume, un bagno notturno al lago, una sera di pioggia in bicicletta: il cardine intorno a cui ruotano le cose importanti della vita.

Senza banalità biografiche, anzi quasi confutando ogni teorema del biopic soprattutto nella messinscena, The Happiest Day in the Life of Olli Maki è la storia di un amore tenero che affiora nei controluce di un film sportivo e di una commedia di ambienti e di caratteri, in cui la sincerità e la solidità del racconto riescono a superare le convenzioni che in un film di pugili ci si aspetta puntuali.