Se a un horror si chiedono soprattutto tremori e spaventi, The Conjuring - L'evocazione può ritenersi senz'altro un film riuscito.
James Wan, noto per aver dato vita alla saga di Saw e nuova linfa al genere, evita stavolta la bassa macelleria puntando non sull'insostenibilità della visione ma sulla sua ambivalenza. Tra vedere e non vedere, c'è un cinema che insegue il paranormale come la sua ombra (d'altra parte, scriveva Deleuze, non è forse il cinema “Un'immagine demoniaca”?).
Da Poltergeist a L'esorcista, da Gli Uccelli alla Bambola assassina, Wan insegue di tutto senza mai perdere la bussola narrativa della tensione.
Caratterizzato da una confezione vecchio stile, ipo-emorragica e congeniale agli studios, il film bilancia con metodo il plausibile e l'irrazionale, svelando uno dei casi più difficili risolti da una coppia di famosi demonologi, i Warren, gli stessi dell'affaire Amityville.
Anche qui c'è una casa infestata, porte che cigolano, finestre che sbattono e orologi che si fermano sempre alla stessa ora. La storia è vera oppure no, autentica è di certo la nostalgia che segna tutta l'operazione: la storia è ambientata negli anni '70, per l'horror hollywoodiano (e non solo) l'età dell'oro. I fedelissimi potranno cimentarsi tra i diversi omaggi contenuti nel film, ma lungi dall'essere un semplice divertissement citazionista, The Conjuring è una ghost-story che si prende maledettamente sul serio e che opta per un dècor d'epoca non solo a fini nostalgici.
La grana stessa dell'immagine sembra svilirsi, perdere definizione, avvolta nella bruma di un tempo che resta ibi et olim, presente eppur perduto, evocato come al tavolo del medium. Uno spettro malinconico come un Pierrot e inquietante come solo può essere non chi è morto, ma chi da morto ritorna.