“Ispirato a fatti realmente accaduti”. Il più delle volte è il cartello iniziale meno rassicurante che si possa leggere prima di ogni visione. The Aeronauts di Tom Harper sfugge solamente in parte a questa maledizione, ma non fa poi molto per tradirne gli effetti.

Siamo nell’Inghilterra del 1862, Amelia Wren (Felicity Jones) ha deciso di mettersi il tragico passato alle spalle e salire nuovamente a bordo di una mongolfiera per pilotarla più in alto di qualunque altro uomo mai prima. A convincerla dell’impresa è il giovane, ambizioso scienziato (futuro meteorologo) James Glaisher (Eddie Redmayne), fino a quel momento oggetto di scherno da parte di tutta la comunità scientifica, deciso ad intraprendere l’ascesa per far progredire la conoscenza del tempo atmosferico e poterne così prevedere i mutamenti.

Il film di Tom Harper – oggi alla XIV Festa del Cinema di Roma, acquistato per l’Italia da Lucky Red, arriverà in sala nel 2020 – vuole rendere omaggio alla figura di un pioniere come Glaisher, meteorologo, aeronauta e astronomo realmente esistito, socio fondatore della Meteorological Society e della Aeronautical Society della Gran Bretagna.

Per farlo, si affida all’ormai rassicurante volto di Eddie Redmayne, al quale affianca l’affiatata Felicity Jones – andando così a riformare la coppia vincente de La teoria del tutto (biopic su Stephen Hawking che valse l’Oscar a lui e la nomination a lei) – chiamata ad interpretare un personaggio creato ad hoc (già il nome non può non far pensare alla storica aviatrice Amelia Earhart...) che, nelle intenzioni, dovrebbe incarnare lo spirito di varie figure femminili decisive per i vari esperimenti a bordo dei palloni aerostatici.

Per lo più sospeso nei cieli sovrastanti Londra, The Aeronauts chiede sin troppe volte allo spettatore di sospendere l’incredulità di fronte a terrificanti tempeste o alla soglia di altitudini – per l’epoca – mai raggiunte prima (possibile che ci si appresti ad un’impresa simile, finalizzata al superamento dei 7000 metri senza portarsi neanche una sciarpetta e un paio di guantini?...), insiste poco sull’aspetto esibizionistico di certe spedizioni (se non in apertura di film), costruisce troppo il background dei due protagonisti, antepone all’immagine il gusto per un detto che finisce per trasformarsi in sproloquio.

 

Un film, insomma, che anziché tentare di elevarsi al di sopra dei soliti strati atmosferici di un cinema narrativo rassicurante e conosciuto, finisce per rimanere intrappolato dentro il primo cumulo di nubi. Roteando a vuoto. Per poi atterrare con qualche graffio. E nulla più.