Argento più Fulci più Kubrick più Craven più la new (?) wave italica dell'horror, sottocategoria: home invasion. Risultato: Surrounded, opera prima della coppia di registi Laura Girolami e Federico Patrizi. Qui abbiamo una bella e giovane insegnante, Maryann (l'esordiente Tatiana Luter, terrorizzata a sufficienza), rimasta da sola nella graziosa villetta di campagna dopo la partenza del marito avvocato per un convegno. Manco a dirlo, inquietanti presenze cominciano da subito a serpeggiare nella villa sino a trasformare la solitudine di Maryann in un incubo da cui sarà impossibile venir fuori, tra mascherine bianche e cardiopalma a buon mercato.
Niente di nuovo sotto il sole, come si vede, ma il prodotto è confezionato con sufficiente cura: data l'esiguità del cast, il relativo low-budget, d'altro canto, deve esser stato concentrato nell'uso delle risorse tecniche, in primis la bella e densa fotografia di Dario Germani. Non si contano gli ammiccamenti (omaggi?) a Dario Argento: nomi svolazzanti di personaggi che richiamano platealmente Suspiria, quadri naif degni di un Uccello dalle piume di cristallo, uso martellante delle musiche, a modo loro efficaci, di Andrea Bellucci, e infine suggestioni fulciane, l'occhio su tutte, e leoniane (Patrizi, non a caso, si è laureato con una tesi sul Sergio nazionale). A tutto merito dei due registi, infine, va l'uso spregiudicato delle tecniche, c'è un po' di tutto: grandangoli, teleobiettivi, steadycam, ognuna delle quali funzionale alla situazione e all'atmosfera.
Un pot-pourri che funziona per tre quarti d'ora, ma che alla lunga stanca per poi afflosciarsi del tutto in un delirante finale che sconfina involontariamente nel ridicolo e inficia, in parte, con la sua smania razionalizzante, i risultati più che buoni ottenuti nella prima parte del film. Attendiamo la seconda prova.