J. J. Abrams. Ormai basta la parola. Lo Spielberg del nuovo millennio, proprio come Steven, non sbaglia un colpo. E la sua impronta la lascia sempre, anche quando il suo nome non è sotto la voce regia. Vedi Cloverfield. E c'è il suo zampino in Lost, si è inventato Alias - e il mitico Rambaldi - ma anche il melodrammatico Felicity, non ha paura di affrontare una Mission: Impossible. E' una cassaforte: con lui un film lo metti al sicuro. E se lo lasci fare e magari dietro gli metti proprio Spielberg, ecco Super 8, a metà tra il capolavoro e il passaggio di testimone. C'è E.T. in Super8, ma soprattutto Incontri ravvicinati del terzo tipo. E siccome J. J. è cresciuto negli anni '80, ci sono pure i Goonies.
Ma sarebbe sbagliato giocare di sponda e citazione, anche se è la stessa opera a chiamarle, a porle su un piatto d'argento perché lo spettatore le assapori. Tanto che quelle più argute, rimangono nascoste (il dialogo romeriano tra i due protagonisti è tra questi). Inutile cercare Drew Barrymore in Elle Fanning, così brava e bella, da annichilire chi guarda come accade al suo gruppo di amici. Inutile cercare E.T. in quell'alieno molto arrabbiato. L'empatia, qui, non è buonista: piuttosto sembra che il mostro di Cloverfield sia andato a villeggiare in campagna. Super 8 è un film che non potrebbe esistere senza i suoi antenati, ma neanche senza il presente. La Super8, l'esigenza di raccontare, di spiegare ogni passo, di documentare è vintage solo nelle strumentazioni: cineprese, macchine, la stessa pellicola con cui viene girato questo film in fantascienza, di diversi formati ormai anch'essi appartenenti al passato.
Abrams mette a punto un film che ti tira dentro come ci si riusciva, forse, solo fino a un paio di decenni fa. Riley Griffiths tiranneggia sui suoi amici come regista, leader della troupe under 14 in cui il nostro eroe è Joel Courtney, il truccatore: il suo animo gentile è tutto in quella mano che si poggia sulla Fanning, per renderla bellissima o... una zombie. Ci svela il gioco e la magia del cinema per un nerd, Abrams, con la grazia e il senso della narrazione e della spettacolarità di Spielberg. Anzi, con la sua: perché se continua così, l'allievo, se non l'ha già fatto, supererà il maestro. E quando arriva la locomotiva a travolgere il film, a far arrivare mostri e paura, soldati e un papà-sceriffo adorabile e dolente, paranoia e avventura, sei già entusiasta di sedere sulla poltrona del cinema. Sei bambino tra i bambini, ti vien voglia di scansarti per la paura come quegli ingenui spettatori di più d'un secolo fa. E senza 3D. Il cinema e la gioia di fare intrattenimento di genere e con levità non son morti 30 anni fa. Anzi, sono tornati e pronti a fare il botto: il primo spot è comparso al Superbowl - con un boato dei tifosi -, l'ultimo atto potrebbe essere all'Oscar.