Nel 2002 Akiva Goldsman, partendo da un libro di Sylvia Nasur, ha scritto la sceneggiatura di A beautiful Mind, e ha vinto il premio Oscar. Va ricordato che il film ottenne altre tre statuette, come miglior film, migliore regia (Ron Howard), migliore attrice non protagonista (Jennifer Connelly).
Una decina di anni dopo, Goldsman esordisce nella regia. Il punto di partenza è anche stavolta un romanzo, Storia d'inverno, di Mark Helprin. La storia prende il via a New York ma in due momenti distinti, separati da un secolo, agli inizi del Novecento e oggi, 2014. A tenere insieme i passaggi c'è Peter Lake, un abilissimo ladro che, mentre cerca di sfuggire alla caccia cui lo sottopone il suo ex mentore, il demoniaco Pearly Soames, entra in una grande casa dove conosce Beverly Penn, una giovane di cui si innamora perdutamente. Purtroppo lei soffre di una forma mortale di consunzione (leggi: tubercolosi) ed è destinata a morire in breve tempo. Peter fa l'impossibile per salvarla, non ci riesce ma dovrà aspettare cento anni per capire che è in arrivo la sua seconda occasione.
All'origine Storia d'inverno è un romanzone di circa 800 pagine e “vi ho lavorato –dice Goldsman- distillando quello che mi aveva emozionato di più, fino a farlo diventare la struttura base della mia scrittura”. Il risultato non è incoraggiante. Appesantito da una regia prigioniera di un formalismo fin troppo convenzionale e da un copione che propone un improbabile protagonista giovane centenario e come coprotagonista un cavallo bianco che mette le ali e vola tra i grattacieli di New York, il film annega dentro un romanticismo fuori tempo infarcito di spiritualismo new age abbastanza stonato e kitsch.
Per la serie: come avere un cast lussuoso e sprecarlo quasi tutto, da Colin Farrell a Russell Crowe, da Jennifer Connelly a William Hurt. Per finire con la veterano Eva Marie Saint, 90 anni a luglio, Oscar come miglior attrice non protagonista nel 1955 per Fronte del porto di Elia Kazan.