Clive (Adrien Brody) ed Elsa (Sarah Polley) sono giovani, carini e occupati: a far (fanta)scientifiche cazzate.  Oltrepassando confini etici e steccati legali, combinano Dna umano e animale, partorendo l'acronimo di quel che sono, nerd: Dren (Delphine Chaneac) ha coda da scorpione, zoccoli, ali, viso da Bjork, cranio solcato e appetiti da mangusta.
Frullando Frankenstein, Alien e - prima di Cameron - Na'vi, Vincenzo Natali, già regista dell'interessante Cube, porta sullo schermo un progetto accarezzato per 10 anni e “catalizzato” da Guillermo Del Toro, produttore esecutivo o, meglio, nume tutelare: tra complessi edipici e perversioni sessuali, maternità negata e poi delegata, derive incestuose e approdi luttuosi, Splice - traducibile in giunzione, sutura - sconfessa parte delle (im)morali premesse, ma tiene alta la tensione e, soprattutto, non molla il triangolo lui, lei, l'altra - ma davvero altra - fino alle estreme conseguenze. Niente di nuovo, ok, ma non pochi punti di questa sutura vanno a segno: “il miracolo dell'osceno” fa scena, la creazione del mostro indaga la mostruosità del creato, il determinismo va - letteralmente - a farsi fottere. Comunque, una ferita aperta: e no, non è fantascienza.