Jessie e Mark (Kate Bosworth e Thomas Jane), una coppia agiata che vive in una grande casa in Alabama, non riescono a superare la morte tragica del loro figlio Sean né ad averne di altri. Decidono allora di adottare Cody (Jacob Tremblay prima di Room), un bambino di otto anni che a sua volta ha perso la madre. Il piccolo è educato, dolce e possiede un dono incredibile: i suoi sogni si materializzano. Finché son belli passi pure, i problemi sorgono quando il bambino inizia ad avere gli incubi e a sognare il figlio morto dei genitori adottivi.

Lo specialista dell'horror Mike Flanagan (Oculus, Hush) firma una favola dark di taglio psicanalitico, che attinge a piene mani da un inflazionatissimo immaginario di genere per farne teatro metaforico di conflitti e traumi più profondi. Operazione dunque ampiamente derivativa, in cui l'eredità figurativa e tematica dei vari Nightmare, Boogeyman, Babadook e Sinister camuffa poco e male la forte intenzionalità riflessiva che la presiede: Flanagan porta avanti un discorso filologico sull'horror, sottolineandone la vocazione benigna (perché serve ad esorcizzare le nostre paure), confermandone la dimensione onirica e ribadendone la matrice nell'inconscio del bambino.

Una discorsivizzazione nemmeno troppo tra le righe, che serve a spiegare ma non a giustificare il pesante schematismo dell'impianto e la forte iconicità dei personaggi, a partire dalla natura di "dispositivo" di Cody, vera e propria figura metonimica, proiettore vivente di desideri ambigui e di turbe latenti. Il cinema insomma, come riferimento eidetico e memoriale. Al cospetto del quale invece manca il film.