La Gerusalemme piena di speranze di Amos Oz, uno dei più grandi narratori del nostro tempo, si schianta contro l’ardita regia di una novella Natalie Portman.

La protagonista di Jackie e Black Swan passa per la prima volta dietro la macchina da presa, ma si perde in soluzioni azzardate e dialoghi retorici.

Sognare è vivere è un’opera prima che si appiattisce sul romanzo Una storia di amore e di tenebra, da cui il film è tratto.

La paura di portare sullo schermo un capolavoro della letteratura spinge la Portman a un uso smodato della voice over, che spezza il ritmo della narrazione e si alterna a ralenty ridondanti.

La regista torna nel suo Israele, e racconta dell’infanzia di Oz e del travagliato percorso di un popolo verso l’autodeterminazione.

Ma le atmosfere mitiche del romanzo sfumano nella fotografia desaturata e nelle velleità in stile Terrence Malick. Si salva lo struggente rapporto tra il bambino e la madre Fania, interpretata dalla stessa Portman, dove per un attimo si respira la tenerezza e il patimento di una famiglia.

Non tutte le mamme hanno la forza di resistere alla guerra per le strade e dentro il proprio letto, ma per i figli rimangono le eroine di ogni storia, diventano leggende.