Alla DreamWorks hanno capito tutto: Natale o meno, è tramontata l'era del cartoon per bambini. L'animazione di oggi parla anche, e in più di un caso soprattutto, al pubblico adulto. La ricetta è la stessa applicata dalla Pixar di Monsters & Co. e Alla ricerca di Nemo, ma Shrek 2 si spinge anche oltre. La trama passa in secondo piano e l'incipit è scontato: la luna di miele di Shrek e Fiona, con cui si era concluso il primo episodio. Il vero punto di forza è il crescendo di citazioni e rimandi che accompagnano la storia. (Auto)ironia da vendere, le stoccate degli sceneggiatori non risparmiano niente e nessuno. Nemico numero uno: Hollywood e le isterie dello star-system. Sullo sfondo il messaggio buonista dell'accettazione di sé e del proprio aspetto, la pozione che trasforma l'Orco in principe azzurro ricorda tanto il lifting. Alla tentazione cede per farsi accettare dai genitori di Fiona, ma ad imporsi sarà come in ogni favola la morale: meglio un mostro buono oggi, che un cavaliere cretino domani. Esilarante la metamorfosi del ciuchino in stallone, a ribadire il concetto è nelle ultime scene la trasformazione del re cattivo in rospo felice. Il tutto, nel corso di uno scatenato ballo con tanto di riflettori, garrula reporter e cronache dal tappeto rosso. Ogni riferimento a Hollywood è tutt'altro che casuale. Inequivocabile la similitudine dei caratteri che sulla collina annunciano il regno di "Molto, molto lontano" e impietoso il ritratto che ne forniscono gli animatori DreamWorks. Una su tutte, la carrellata di boutique tra cui spicca "Versacery". Innumerevoli, poi, le citazioni cinematografiche disseminate nel film. Impossibile elencarle una per una, fra tutte spicca il volo di Pinocchio-Tom Cruise sulle note di Mission: Impossible. A completare il quadro è la new entry di peso del gatto degli stivali con la sindrome da Zorro. Non a caso doppiato da Banderas nell'originale, da noi ammalia comunque con accento spagnolo e occhioni languidi. Forse anche troppo, come il resto della storia. Un sequel spumeggiante e tutto da ridere, a cui manca però la dirompente novità del primo episodio.