Non capita spesso, almeno negli ultimi anni, di imbattersi in un film italiano capace di trattare con delicatezza tematiche coraggiose e a forte rischio di scadere nella retorica più bieca.

Se, per di più, pensiamo al novero delle opere prime, ottenere un tale risultato sembra ormai praticamente impossibile.

In questo (piccolo) miracolo è riuscito Duccio Chiarini, già documentarista radiofonico e cinematografico, con la sua opera prima Short Skin. E i rischi di certo non mancavano, visti i tormenti che vive il protagonista Edoardo, diciassettenne pisano sofferente di una fimosi al pene che gli impedisce la masturbazione e lo rende insicuro e impacciato con le ragazze. Mentre tutti intorno a lui sembrano parlare solo di sesso, Edoardo si rinchiude sempre più nel suo microcosmo solitario e infelice. Una nuova amica conosciuta per caso e un risvegliato interesse da parte della ragazza dei suoi sogni lo porteranno, però, a uscire dal guscio che si è creato e ad affrontare le proprie paure.

Figlio del progetto Biennale Cinema College, Short Skin riesce nel difficile compito di far ridere con garbo e di trattare un argomento drammatico con un buon equilibrio di ironia e seriosità.

Al centro della pellicola c’è indubbiamente il percorso (simbolico) di crescita del protagonista, ma a colpire è anche la cura con cui sono scritti i tanti personaggi di contorno, familiari di Edoardo e non.

Nessun elemento risulta fuori luogo ed è proprio l’incisivo disegno d’insieme il pregio principale di un lungometraggio che racconta con forza l’universo adolescenziale, e quelle paure che, in modi diversi, sono toccate, toccano o toccheranno ciascuno di noi. Se non è difficile rimanere coinvolti dalla storia di Edoardo, il merito va anche a una discreta estetica visiva, acerba solo a tratti, e in grado di dare un ulteriore valore alla pellicola.

Curioso che, durante la visione, più volte si perdano le coordinate di trovarsi di fronte a un prodotto italiano: Short Skin sembra infatti un film indie statunitense, di quelli che si vedono al Sundance e che poi hanno successo in diverse altre kermesse internazionali.