Séraphine: Il volto di una donna, di un'artista che si illumina solo quando è china su una tela in una stanza piccola nella campagna francese. Séraphine Louis de Senlis - pittrice autodidatta tra gli esponenti più illustri della pittura naif del XX secolo - ha il volto dell'attrice premio César Yolande Moreau che per quest'interpretazione riesce a trasfigurare la vicenda di una donna vitale che conobbe gli stenti, insostenibili privazioni e l'internamento in un ospedale psichiatrico e che viveva davvero solo durante la creazione; l'attrice riesce a restituirla carica di una forza e una potenza rare.
La regia di Martin Provost è sobria, rigorosa e leggermente trattenuta, con l'utilizzo di pochi movimenti di macchina perché alla ricerca della perfetta sintonia tra i quadri realizzati dalla pittrice e i tableau vivant che tutte le inquadrature del film creano: Séraphine in casa, nei boschi, nel negozio del paese mentre acquista il bianco, in chiesa mentre prega o porta via la cera per le sue tele o dal macellaio mentre ruba il sangue per creare il rosso si muove, compie delle azioni ma sembra morta; non a caso sono presenti sono colori freddi come il verde, il blu e il nero.
La vita è nei frutti, nelle foglie e nei fiori rossi, bianchi, arancioni soggetti dei suoi quadri che sembrano muoversi e godere le passioni, i dolori e i rimpianti che l'autrice non è in grado di vivere.
Nella sua fede e nel suo rapporto con la natura c'è qualcosa di profondamente puro e riconducibile al meraviglioso che il regista, indagando senza morbosità, permette alla sensibilità di ogni spettatore di percepire.
Allo stesso modo non ha spiegato ma tratteggiato con delicatezza il profondo incontro intellettuale e spirituale di Séraphine con Wilhelm Uhde, scopritore di Rousseau, primo acquirente di Van Gogh e amico personale di Braque e di Picasso che amava di Séraphine e di tutti i primitivi moderni -così definiva i pittori naif -l'arte perché “l'oggetto della loro rappresentazione non è l'apparenza delle cose ma la realtà superiore che esprime lo stato cosmico delle cose”. Séraphine ne fu la governante quando l'uomo si rifugiò per qualche tempo a Senlis e poi una fonte d'ispirazione quando ne riconobbe il talento. La donna lo amerà segretamente e ne trarrà linfa vitale per la sue creazioni pittoriche.  Da quel momento Uhde è come gli alberi che le parlano, come il vento che le accarezza il viso. Tutto espresso in un paio di scene: da giovane la vediamo che si arrampica su un albero per respirare il vento, quando è più anziana tornerà sotto quello stesso albero per vivere la medesima esperienza ma si siederà sulla sedia che Uhde le aveva porto tempo prima perché si fermasse un momento e capisse davvero la stima profonda che aveva per il suo lavoro. L'uomo è elemento determinante per la sua ispirazione, il suo ‘albero'.
Per questa troppa intensità forse Uhde dopo la guerra non tornerà subito a cercarla. Séraphine ritroverà l'uomo e brevi momenti di fama prima dell'internamento e la morte presso l'ospedale psichiatrico di Clermont-de-l'Oise.