"Dalla sera alla mattina" può cambiare la vita di una donna egiziana. Seppur casuale, in quanto indicativo della fascia oraria in cui va in onda, il talk show della popolare conduttrice tv Hebba diventa emblematico a tal riguardo. Perché a Il Cairo odierno è ancora troppo velata - qualora esistente - la denuncia della condizione femminile dentro le mura domestiche, soprattutto. È un generoso e totale focus sulle donne il bel film del regista egiziano Yousry Nasrallah, Scheherazade - Tell me a story, eccezionalmente non auto-sceneggiato ma tratto dal lavoro di Waheed Hamed, stimato scripwriter di serie tv. E questo è peculiare allo sviluppo di una narrazione che tanto richiama il dialogo tra i due mezzi audiovisivi, per una volta armonicamente contaminati. Storia nelle storie in sguardi sovrapposti, la pellicola affronta coraggiosamente la condizione attuale della donna nel Paese del Nilo con un chiaro intento interpretativo: il dolore delle donne egiziane è sostanzialmente un fatto politico. Lo è per Hebba, brillante giornalista senza veli, già divorziata e ora sposata con un arrivista vice caporedattore di un quotidiano finanziato dal governo, lo è per le tre incredibili storie che il suo programma porta in diretta, protagoniste in studio: seppur colte ed emancipate, le signore o signorine intervistate si rivelano non solo vittime di un società codificata ad ostacolarle, ma evidentemente indotte ad auto escludere l'equiparazione all'uomo nel pubblico e nel privato per acquisito habitus culturale. Fa pensare l'efferato omicidio di un uomo da parte di una donna perché "uccidere è meno grave del disonore e della vergogna", donna che poi si trova a vivere con la sua ex carceriera una volta uscita di prigione. Ed è terrificante l'inganno in cui viene trascinata una distinta dentista, costretta ad umiliazioni seguite da un aborto forzato. La denuncia esiste, certo, ma chi ascolta veramente queste donne se loro per prime non si sentono in diritto di difendersi ed emanciparsi totalmente? La trasmissione di Hebba diventa organo essenziale a tal proposito, al punto da coinvolgere pienamente la vita stessa della conduttrice, divenuta giornalista simbolo di una lotta appena cominciata. Il film e la protagonista Mona Zakki hanno vinto il premio dell'associazione di critici in madrepatria dove l'uscita è stata accompagnata da un certo successo anche di pubblico. E un taglio: "la scena dell'aborto è stata eliminata non tanto per ragioni di censura ma per il fondamentalismo", spiega il regista.