Il racconto di John Swab, Run with the Hunted, di un ragazzo cresciuto volontariamente troppo in fretta, sacrificando la propria infanzia per un bene superiore e calato in una vita criminale tanto stereotipica quanto più cementata (ed efficace) del solito, mostra i muscoli da subito. È una buona idea. Peccato che, ben presto, la storia faccia un salto di 15 anni in avanti e, senza più tornare indietro, perda gran parte della sua originalità.

Non sarebbe stata sgradita una rilettura moderna de Il signore delle mosche, con la guida tutelare di un Ron Perlman convincente burattinaio da rovesciare. Benché Perlman persista, la seconda metà temporale del film si fa molto più canonica attorno a lui che, peraltro, si vede sempre meno.

Non che il cast dei “cresciuti” faccia un cattivo lavoro (Michael Pitt, Dreena Hemingway), anzi, prosegue e dà continuità agli spunti iniziali. Ma la parabola dei lost boys à la Peter Pan criminale, quando proiettata sui comprimari, si depotenzia notevolmente, se non completamente.

Il cast - Foto Karen Di Paola

È un peccato, perché il regista (anche scrittore) mostra tutte le carte in regola per un thriller avvincente dal minuto primo ai titoli di coda.

Stavolta vince la confusione, che non permette a una buona idea di tradursi in una storia completa, conclusa infatti tramite una circolarità annunciata ma non motivata, ricercando una letterarietà di cui, se credesse e scommettesse su di sé, non avrebbe bisogno. Run with the Hunted: correre con la preda, sì, purché non si corra a vuoto.