Quattro mura casalinghe a fare da recinto e sponda, per un bell'esempio di cinema verità. Camera-stylo per una ricognizione dell'anima, evitando il minimalismo che sfocia nella riflessione filosofica, seguendo la pista di un quasi documentario in presa diretta, intimista, racchiuso in uno spazio temporale che non ha limiti precisi, se non quelli dovuti a piccoli elementi, azioni, oggetti del quotidiano che talvolta si ripetono. Nonna e nipote, un'urna cineraria dove riposano i resti di mamma, qualche essere umano che ogni tanto passa per quella casa e lascia tracce di dialogo e ombre di intrusione nel duo (trio), nonna/nipote/madre defunta. Perché appoggiata sul balcone della sala da pranzo, l'urna è l'oggetto con il quale la nonna 84enne ogni giorno parla. Mentre sarà Maxime, giovane domestico omosessuale, ad "aiutare" il giovane nipote Guillaume a distaccarsi dalla tenaglia affettiva di nonna, viva, e mamma, morta. Il viaggio iniziatico, per gettare le ceneri in mare, porta Guillaume alla prima tappa di un superamento del lutto che verrà, con una sequenza di rara intensità recitativa e di esemplare esercizio di regia. Il ragazzo titilla con le dita la cenere ingrigita che intanto si sta mescolando con la sabbia e le lacrime scorrono naturali, gocciandogli dal naso sulla maglia e colandogli sulle guance. Ed è autentico, infine, lo sguardo del quarantunenne Ilan Duran Cohen, al suo terzo lungometraggio, dopo una decina d'anni durante i quali si era dedicato alla letteratura. Non ci sono tentativi di corrompere l'animo dell'osservatore, o momenti di spudorato corteggiamento emotivo, c'è solo l'esposizione di limpidi e sofferti stati d'animo, aiutati da un dispositivo cinematografico digitale che filtra magistralmente la patina di supposta falsità del cinema e che si riappropria, ed è questo il grande miracolo, della possibilità di filmare senza perdere per strada l'intensità degli sguardi, le imperfezioni dei volti, i piccoli particolari in tutta la loro densità cromatica, rendendo la vicenda de Les Petits fils, vicina, più di quanto sembri, alla vita di ognuno di noi.