Va’ dove ti porta il cuore. Dal romanzo di Maylis de Kerangal al film di Katell Quillévéré, un cuore, e due persone: un vivo che è già morto, una viva che potrebbe essere presto morta.

Il titolo, di libro e film, è splendido: Riparare i viventi, che solo apparentemente pretende di mettere una pezza o un pezzo di ricambio a noi umani, al contrario, dall’espianto al trapianto sottende una teoria di interrogativi medici, etici, persino filosofici. Il 19enne Simon (Gabin Verdet) aveva tutto, joie de vivre, una bella ragazza e il surf per passione: un incidente lo relega alla morte cerebrale in un ospedale di Le Havre; la 50enne parigina Claire (Anne Dorval) aspetta un altro cuore.

Girato con pulizia e ariosità, ben interpretato – peccato solo per il botox di Emmanuelle Seigner e forse pure di Anne Dorval… - e ben intrecciato drammaturgicamente, è un dramma empatico e confortante, buono senza buonismi: tra il dare e l’avere, andare e ricominciare, sceglie la vita senza eludere la morte, né l’ingiustizia del fato.

Simon era giovane, bello e figo, Claire è difficile, persino scontrosa: che cosa succede quando un cuore passa da un corpo all’altro? Che cosa accade quando un film ti prende il polso?