Margaret Thatcher ha creato tanti scompensi nel Regno Unito, anche nel comparto cinematografico. Grazie a lei sono nati due generi. Uno è il cinema della rivincita, nelle sue più diverse sfaccettature.

Abbiamo visto negli anni minatori musicisti, figli gay ballerini di minatori, gay che aiutano minatori, cantanti jazz timidi e lirici meno timidi, e altri intrecci vari.

Parallelamente, si è sviluppato un importante filone di cinema geriatrico, reso necessario dall'inesorabile invecchiare dei grandi interpreti britannici. E così abbiamo avuto affascinanti signore calendario, pensionati che gestiscono alberghi in India, e prima o poi dovevano arrivare anche quelli danzerini.

Ecco quindi Ricomincio da noi, storia assai lineare di un'attempata signora che, scoperto il marito fedifrago, va a vivere con la sorella, libera, proletaria e appassionata ballerina. E la rigida British scopre che il mondo è molto più grande e bello di una tazza di tè.

 

Richard Loncraine dirige al minimo sindacale, ma con un cast compost da Imelda Staunton, Celia Imre e Timothy Spall si può anche solo accendere la camera. Quanto basta per aggiungere un mattoncino al muro del genere del futuro: la rivincita geriatrica.