Due anni fa l'inatteso successo mondiale di Red ha reso inevitabile mettere in cantiere un sequel, che puntualmente arriva sugli schermi. Ritroviamo così Frank Moses, ex agente speciale della CIA, il quale vorrebbe godersi la pensione. Ma alcuni imprevisti episodi lo tengono in allarme. Dopo che l'amico Martin Biggs si è finto morto in un attentato, Frank capisce che è giunto il momento di rimettere in piedi la sua vecchia squadra. Si tratta di capire dove viene tenuto nascosto un dispositivo nucleare risalente ai tempi della guerra fredda, creato in vista della cosiddetta Operazione Notte Fonda e ancora in grado di modificare gli equilibri mondiali. Da qui prende il via una vicenda dai toni efficaci e incisivi.
A differenza di altri ‘seguiti', spesso simili a deboli fotocopie, questo numero 2 ha il merito di diluire con opportuno dosaggio un'ironia sapida e tagliente, che accompagna lo svilupparsi di una trama non solo ben radicata nel genere ‘spionistico' ma anzi capace di imporsi come una vera e propria sintesi delle varie ‘spy stories' degli ultimi 40 anni. Soprattutto i personaggi di Edward Bailey (un aderente Anthony Hopkins), scienziato rinchiuso in manicomio criminale, e di Katjia (una sinuosa Catherine Zeta Jones) doppiogiochista tra States e Russia rimandano a scenari narrativi tradizionali tra storia e cronaca, aggiornati grazie alla presenza del killer sudcoreano con voglia di pacifismo. Sgarri, equivoci, reciproci sberleffi tagliano la trama e ne smitizzano i contorni (tutti quei movimenti frenetici dentro il Cremlino prima, nell'ambasciata dell'Iran poi: mission impossibile of course!). Si sta al gioco e allo stesso tempo ci si muove all'interno di simpatici sprazzi di sulfurea verità (Stati Uniti e Russia sono obbligati alle larghe intese?). Alla riuscita contribuisce molto la bella aderenza degli attori (oltre ai citati, ci sono anche Bruce Willis, John Malkovich, Mary Louis Parker, Helen Mirren), e una regia consapevole di dover evitare zone morte, fasi stagnanti o cali di adrenalina.