Daphne Du Maurier meriterebbe maggiore considerazione di quella ricevuta nel corso degli anni. La scrittrice inglese aveva una personalità complessa che si ritrova in molti dei suoi romanzi. Non a caso, Alfred Hitchcock trasse tre film dai suoi lavori, dal poco ricordato Taverna alla Giamaica, ai due capolavori Rebecca, la prima moglie e Gli uccelli.

Ma il romanzo che maggiormente sintetizza la figura della Du Maurier, all'apparenza moglie e madre irreprensibile, dai modi cordialmente freddi da donna inglese, è proprio Mia cugina Rachele, finto romanzo d'appendice in cui si mischiano thriller, amour fou e desiderio in un intreccio torbido e avvincente.

 

Elementi che purtroppo Roger Michell non riesce a restituire in questa versione cinematografica, più preoccupato della forma a discapito delle emozioni, come spesso accade nel cinema inglese. Peccato, perché Sam Claflin funziona come ingenuo ragazzotto di campagna che perde la testa per la cugina, vedova forse nera. C'è da comprenderlo, perché Rachel Weisz è ipnotica nei panni della splendida e misteriosa Rachel, e fa dimenticare molti difetti di un film a cui non si nega una visione, ma che non resterà impresso nella memoria.