Retorica direbbe che con piccoli budget si possono realizzare grandi idee, ma in effetti la tesi regge di fronte a Querido Fidel, opera prima di Viviana Calò che convince forse proprio perché con mezzi ridotti riesce a costruire una commedia umana stratificata, lunare e malinconica in piena sintonia con l’umore napoletano.

Merito soprattutto del suo protagonista, quel Gianfelice Imparato che da supremo caratterista qual è sa esaltare benissimo le rare occasioni in cui può occupare la prima linea. Attore antico e senza tempo, Imparato sembra nato per essere Emidio, attempato comunista napoletano che vive nel mito della rivoluzione cubana, osserva con scetticismo (eufemismo) la svolta di Gorbačëv e la conseguente transizione verso il Partito Democratico della Sinistra.

Non siamo nei pressi del disincanto morettiano né in piscina né nelle sezioni, perché il riverbero del sol dell’avvenir si sfuma nel cielo di un’alienazione apparentemente non più che bizzarra. Ogni giorno, infatti, Emidio, con abito e stivali militari, cerca di mettere in pratica il socialismo reale: la sua casa è il tempio della rivoluzione, con Fidel Castro a benedire ogni stanza, e il controllo delle attività sul territorio è capillare (contesta i prezzi gonfiati dai commercianti, creando scompigli e malumori). E per di più Emidio mantiene da anni un’assurda corrispondenza proprio con Castro, appellato come “estimado comandante”.

Sostenuto, assecondato, supportato, sopportato dalla moglie, cresce la nipote secondo gli ideali comunisti e cercando di allontanarla dal pericolo che faccia la brutta fine del figlio, che agli occhi di Emidio è un capitalista della peggior specie. Ma quali sono i confini della realtà che questo bislacco signore del Novecento – un pazzariello – abita riponendo massima fiducia in un sogno che è già utopia?

Gianfelice Imparato in Querido Fidel

Storia di un’ossessione, di un amore che è già ricordo e cerca di rinnovarsi nella speranza di un futuro diverso, Querido Fidel inquadra con affetto e precisione una radicata minoranza del popolo di sinistra, affascinata dal mito della rivoluzione e a disagio in una società incompatibile con quella visione.

Prigioniero di se stesso, Emidio resiste sulla linea del suo sogno mentre attorno a lui tutto cambia, dai nomi delle famiglie politiche che quasi si scusano del passato agli orizzonti culturali dei suoi concittadini avvinti dai miti del consumismo. Il tono si accorda a una malia nostalgica, la stramberia cede il passo all’empatia, il tempo corre e accarezza i ricordi.