L'uomo della solitudine. Così il paleontologo Matthieu, uno dei protagonisti di Quello che gli uomini non dicono dell'attrice e regista Nicole Garcia, ha ribattezzato i resti umani trovati durante una spedizione nel cuore dell'Antartide a trecento chilometri di distanza dal più vicino insediamento dei suoi simili. Perché ha sfidato il freddo e il vento e camminato per giorni e giorni sulla banchisa prima di soccombere? Forse a spingerlo solo un irrefrenabile desiderio di stare solo con se stesso. Roba di milioni di anni fa. Nella Francia di oggi, specchio dell'intero mondo occidentale, le cose si sono ribaltate. I sette personaggi messi in scena da Garcia sebbene contornati da mogli, figli e amici appaiono infinitamente più soli del loro antenato preistorico. Si muovono qua e là a caccia di un contatto vero cercato di volta in volta nel successo, nel sogno di un'amicizia ormai spenta, in una fuga adolescenziale, nel sesso, ma senza riuscire a dare un senso alla propria vita. La pienezza è una bolla di sapone impossibile da afferrare, si salva solo chi riesce ad avere compassione, e in primo luogo per se stessi. Se il ritratto è spietato, si chiude però con la corsa sulla spiaggia dell'undicenne Charlie, felice di aver ricostituito l'unità familiare. La sua gioia è la stessa del piccolo Antoine Doinel dei truffautiani Quattrocento colpi, del resto apertamente citati nella scelta della situazione e del luogo. Per la sofferenza ci sarà tempo, l'età adulta è ancora lontana. Garcia non è autrice che ama sperimentare visivamente, il suo resta un cinema dei sentimenti e per questo privilegia i personaggi. Non certo un limite, soprattutto quando a servirla sono attori di provata bravura tra i quali spicca, e non potrebbe essere altrimenti, l'impareggiabile Jean-Pierre Bacri.