Il dramma del divorzio visto attraverso gli occhi di una bambina: Quel che sapeva Maisie racconta una separazione come tante, di una coppia come tante, ma vissuta dalla prospettiva della figlia Maisie, contesa tra i genitori.
Presentato in diverse kermesse internazionali nel 2012, e finalmente nelle nostre sale, è ispirato a un romanzo di Henry James (What Maisie Knew) del 1897, adattato efficacemente al mondo di oggi e trasportato nella New York contemporanea.
Se il libro aveva già in sé alcuni argomenti di grande attualità (a partire naturalmente dal tema della “famiglia disfunzionale”), la pellicola è riuscita a sfruttarli al meglio, dando vita a un lungometraggio toccante e originale: nonostante il soggetto sappia molto di già visto, la messinscena “ad altezza di bambino” risulta un interessante cambio di prospettiva rispetto, ad esempio, al classico modello Kramer contro Kramer.
Ben approfondito dal punto di vista psicologico, Quel che sapeva Maisie esplora con grande sensibilità il bisogno della piccola protagonista di avere una famiglia e degli affetti stabili: gettata, a loro piacimento, prima tra le braccia della madre e poi del padre, troverà un po' di serenità nei momenti passati insieme ai rispettivi nuovi compagni dei genitori.
Mentre le scelte registiche di Scott McGehee e David Siegel (tra i loro film precedenti, il più riuscito è I segreti del lago, del 2001, con Tilda Swinton) funzionano fino alla fine, la sceneggiatura nella seconda parte del film cala gradualmente, in particolare per quanto riguarda l'intensità dei dialoghi tra i vari personaggi in scena.
Ottimo il (ricco) cast: dalla giovanissima Onata Aprile, che interpreta Maisie, ai suoi due “genitori” Julianne Moore (eccezionale) e Steve Coogan. Nel ruolo dei rispettivi compagni Alexander Skarsgard è meglio in parte della poco conosciuta Joanna Vanderham.