Cosa succede se un potentissimo boss mafioso in fin di vita vuol passare il comando a un figlio che non ha mai riconosciuto? Ma, soprattutto, cosa succede se quel figlio è un innocuo e ingenuo trentacinquenne vissuto in un paesino facendo il chierichetto?

Tratto da un soggetto scritto dallo sconosciuto Ciro Zecca, Quel bravo ragazzo è il film d’esordio come protagonista di Luigi Luciano (in arte Herbert Ballerina). Spalla comica dell’amico e collega Maccio Capatonda, Ballerina tenta quindi il grande passo con una commedia che, con azzardati (ma per niente riusciti), rimandi al passato comico di casa nostra (Johnny Stecchino su tutti) ironizza sulla tragica realtà mafiosa siciliana, cercando attraverso la leggerezza e una comicità spicciola di affrontare un argomento tanto inquietante quanto ampiamente battuto dai cineasti.

Al fianco di Ballerina in questa sua prima avventura, tra gli altri, anche l’amico Capatonda, Tony Sperandeo, Enrico Lo Verso, Ninni Bruschetta e Daniela Virgilio. Ma se questi ultimi rivestono bene il proprio ruolo, il protagonista non sembra reggere le tempistiche, proponendo una serie di sketch poco divertenti e facilmente prevedibili più adatti alla rete che non al grande schermo.

L’intero girato fa della casualità il suo elemento portante, concentrando lo sguardo dello spettatore esclusivamente sulla simpatia di Ballerina. Ma, come già detto, il protagonista non riesce a reggere il confronto con interpreti quali Lo Verso e Sperandeo, insistendo sulla tentata e forzata comicità che purtroppo non riesce, stancando la visione e inducendo lo spettatore a sperare almeno in un finale non scontato, fortunatamente mutato rispetto all’originale, e che lascia spazio a una conclusione non del tutto prevedibile come per il resto del girato.

Le belle location, l’ottima fotografia di Massimo Schiavon e la bravura dei coprotagonisti purtroppo non si rivelano sufficienti a decretare “buona” la prima di Ballerina, attualmente impegnato nelle riprese del secondo film di Capatonda Omicidio all’italiana. La nuova frontiera della comicità di casa nostra non regge minimamente il confronto col glorioso passato, del quale (e ora più che mai!) avvertiamo la mancanza.