Helen Hunt non era mai stata così "nuda". Priva di trucco e dei suoi sorrisi, priva di artifici e piena d'arte. E' una della attrici con più classe e talento del panorama americano, una di quelle che dà ai registi più di quanto riceva. Così, si sa, chi fa da sé fa per tre, e ha deciso di dirigere, cosceneggiare e interpretare il film della sua vita. Ennesima opera di questi ultimi due anni sulla maternità: delusa, perduta, (ri)trovata, imparata, capita. E soprattutto atipica. April è un'insegnante che perde la madre adottiva e il marito immaturo. Vive sotto traccia un'esistenza soffocata dal dolore e dal dovere, vita che i due eventi sconvolgono. Sembra cedere, e come se non bastasse arriva una nota conduttrice di talk show (Bette Midler, che brava) a "invaderla", così come un uomo coraggiosamente fragile (il troppo sottovalutato Colin Firth). La sua vita va in pezzi e noi la spiamo mentre la ricostruisce come fosse un puzzle, tanto difficile quanto diverso e migliore. Regia semplice, storia senza scorciatoie, un bel racconto sull'essere e diventare madri, fuori da ogni banale stereotipo politico o (teor)etico. Helen Hunt mai così bella (in tutte le sue rughe) e brava doveva dirigersi da sola per mostrarci (e forse scoprire) il suo reale valore.