10 ragioni più una per vedere Quando c'era Berlinguer di Walter Veltroni. Ne è stato scritto a fiumi, e non ci accodiamo, solo una decina di puntini da collegare, e vi apparirà lui: Uolter featuring Berlinguer. 1) Veltroni regista è meglio che soggettista: meglio questo classico, apologetico, oleografico documentario che La scoperta dell'alba, Forse Dio è malato e Piano, solo ispirati ai suoi libri
2) Quando c'era Berlinguer c'era anche Veltroni, ma si vedeva meno. 3) Rivedere Enrico Berlinguer e Bettino Craxi che non si guardano, meglio, non osano guardarsi vale il prezzo del biglietto. 4) L'effetto vintage non è solo politico, ma antropologico: a parte l'abbronzatura sfacciata del craxiano Claudio Signorile, la nostalgia è canaglia. E fuori tempo massimo. 5) La commozione di Napolitano, la commozione del duellante che fu. Perché “All those moments will be lost in time, like tears in rain” non è solo Blade Runner. 6) I giornali con l'Addio dei compagni, le macchine fagocitate e gli altri “effetti visivi” a Piazza San Giovanni per ritornare a 20 anni fa: della serie, si può fare, ma (così) anche no.  7) La camicia quadrettata di Eugenio Scalfari, Novecento “rivisto” da Aldo Tortorella e altre commozioni, meno cerebrali: dagli uomini della scorta a chi era lì con lui nella fatal Padova. 8) Per il titolo, che s'è fermato a un passo dal baratro: C'era una volta Berlinguer… 9) Per la tenera excusatio non petita con cui si apre il Veltronumentary: giovincelli e meno giovincelli che, veniamo a sapere, di Berlinguer poco o nulla conoscono. Da oggi al cinema la panacea di cotanta ignoranza. Grazie, Uolter.
10) Perché doveva andare in Africa e non c'è andato. Perché è rimasto in Italia e ora ne racconta un pezzo: passato. Remoto (Berlinguer) o prossimo (Veltroni), sempre passato politico è.
10+1)  Guardiamo avanti: chi - s'intende, il più tardi possibile - girerà Quando c'era Veltroni, Bianca Berlinguer?