Cetto La Qualunque è un padre premuroso ("Ti ho visto l'altro giorno sul motorino... Avevi il casco. Si comincia così, poi magari dai la precedenza ad un incrocio ed ecco che passi per ricchione"), un cittadino modello ("Le tasse sono come la droga, le paghi una volta, magari per provare, e poi entri nel tunnel"), il nuovo che avanza ("Non sono le donne che devono entrare in politica, ma la politica che deve entrare nelle donne"): per combattere la discesa in campo del "temibile" De Santis, paladino della legalità, ecco allora che lo zoccolo duro di Marina di Sopra, fantomatica cittadina costiera calabra (gemellata con Weimar...), propone all'ex latitante Cetto di sfidarlo nella corsa per diventare il nuovo sindaco. E La Qualunque - tornato a casa dopo quattro anni passati in Sudamerica - accetta di "salire in politica".
Dagli sketch tv al grande schermo, l'irresistibile, becero personaggio creato da Antonio Albanese insieme allo sceneggiatore Piero Guerrera non perde lo smalto né la ferocia che, dal 2003 a questa parte, ha caratterizzato i tanti comizi elettorali al grido di "Chiù ppilu ppè tutti!" (slogan che, a sorpresa, nel film non viene mai utilizzato). Così, tra tormentoni e marchi di fabbrica ("Cazzu cazzu, iu iu!!", "Fatti i cazzi toi!"), Qualunquemente arriva in sala e, pur se con tre anni di ritardo rispetto all'idea, indossa più o meno volontariamente la veste dell'instant-movie a scapito dell'apparente leggerezza "da commedia" che, in un modo o nell'altro, accompagna da sempre il protagonista e, insieme a lui, il recente battage pubblicitario pre-uscita, con tanto di veri e propri gazebo per le strade italiane: si ride meno del previsto, dunque, perché paradossalmente, "infattamente e senzadubbiamente", il film fotografa alcuni aspetti del nostro paese, della nostra "società civile", della politica ("Ci sono schede bianche? Colorale..."), già ampiamente sorpassati dalla realtà delle cose, dalle cronache di questi mesi, di questi giorni, dove a riempire le pagine di giornali e siti (in tv, si sa, da qualche tempo alcune questioni è meglio raccontarle di striscio o a "Kalispèra"...) arrivano quelli che sul grande schermo ci ostiniamo a definire "caratteristi". Che pur non mancano in Qualunquemente, da Pino lo straniero (Rignanese) al ragioniere (Postiglione), dall'imprenditore (Burruano) al finto invalido (Cordova), ma che finiscono - e con loro la regia di Manfredonia - a rincorrere le varie, troppe situazioni in cui, neanche a dirlo, a farla da padrone è solo ed unicamente Cetto, mai fuori quadro, ingombrante e irresistibilmente squallido quanto la fama che lo precede.