Sembra vederlo sogghignare, Sidney Lumet, mentre gira Prova a incastrarmi. Immaginiamo il suo sguardo vispo mentre assembla il circo umano di immigrati italiani che affolleranno l'aula di tribunale. Mentre plasma un umilissimo Vin Diesel, trasformandolo da supereroe tutto bicipiti a boss mafioso, crasso e travolgente con la sua semplicità da marciapiede. E soprattutto, come lui stesso ammette, mentre si prende beffe dell'autorità. Il suo indice inquisitore torna ancora una volta a puntare sul sistema giudiziario. Che si tratti di mafia è un dettaglio marginale. Quelli che lui fotografa sono in fondo criminali piccoli piccoli. Un'improbabile Armata Brancaleone di nani, sempliciotti e impomatati, a cui ricorre per mettere in scena ben altra storia. Impossibile non stare dalla loro parte, conclamate vittime di una persecuzione del sistema, più che altro in quanto italiani. Quanto più il processo (20 imputati, 66 capi d'accusa, 5 giorni di sedute a settimana per ben due anni) assume il carattere di una crociata, tanto più Lumet sogghigna. All'offensiva di codicilli, leggi e pretesti, risponde con l'arma più distante e improbabile: la semplicità e la forza dell'elemento umano. Ed è qui che a sorpresa trova uno straordinario alleato in Vin Diesel. Irriconoscibile e imbolsito nel ruolo del boss Jack Di Norscio, sembra vedere anche lui sul set. Battute a raffica in italoamericano strascinato, mimica accentuata che riempie lo schermo, sfumature che non gli abbiamo mai visto: la sua recitazione parla dell'umiltà con cui si è prestato a Lumet, fatto rivoltare e ricostruire da capo, pendendo dalle sue labbra. Aveva visto giusto il regista di Serpico, quando ha deciso di costruire il film intorno a lui. Basta quasi soltanto lui a tenere in piedi in film: tanto sorprendente nella sua metamorfosi, da mettere in ombra tutti quei piccoli e straordinari dettagli, che regalano al film il suo equilibrio. Sogghignamo anche noi con Lumet. E lo ringraziamo per averci fatto scoprire un attore nuovo: Vin Diesel.