Esordio coraggioso per Saverio Costanzo. Neanche trentenne, vince il Pardo d'Oro a Locarno con una storia di ordinaria follia dai territori occupati. Lo spunto è un episodio di cronaca: un preside che da dodici anni divide forzatamente la casa con un contingente israeliano. Avrebbe dovuto uscirne un documentario, ma l'impossibilità di girarlo nelle zone di guerra lo ha trasformato in fiction. Riuniti sul set, attori israeliani e palestinesi, che Costanzo ha filmato con camera a mano e lunghi piani sequenza, per non interrompere la spontaneità del loro confronto. Ovvero: tensioni che si sono ripetute e che proprio in quei momenti hanno dato il meglio del film. Mohammad Bakri è il preside a cui si ispira la storia. I soldati israeliani si insediano al primo piano, lui viene confinato con la famiglia a quello inferiore. La paura è tanta e le condizioni durissime. Ma Mohammad non si arrende e fa dell'opposizione ferma e pacifica una filosofia di vita. "Fuggire ora significherebbe fuggire per sempre", ripete a se stesso e agli altri. A fronte delle sue certezze, nel microcosmo familiare si aprono però delle crepe e tra i mille volti dell'esasperazione fa capolino anche il terrorismo. A incarnarlo è il figlio maggiore, che all'impotenza prova a rispondere con una bomba. Giusto? Sbagliato? Umano è la drammatica risposta di Costanzo. Che non prende posizione, ma lascia parlare i fatti. Su tutti, il silenzio con cui il tenente israeliano risponde al capofamiglia palestinese in uno dei loro rari dialoghi: Io non me ne vado perché questa è casa mia. Ma voi perché non ve ne andate?".