È pensato per un pubblico di età più o meno inferiore ai dieci anni, Ploi. E parla la lingua degli spettatori più piccoli, chiamati a riconoscersi nel percorso di crescita del protagonista.

Pulcino di piviere con la paura di volare, Ploi non riesce a migrare verso i paesi più caldi con il suo stormo. Tutti, infatti, comprese la mamma e l’amata Ploveria, lo credono vittima dell’ennesimo attacco del crudele falco Shadow.

Rimasto solo, il pulcino si fa coraggio e decide di raggiungere a piedi Paradise Valley, dove gli uccelli si rifugiano durante l’inverno. È quindi costretto a misurarsi con gli ostacoli della natura e il clima rigido. Per sua fortuna, conosce una malconcia pernice bramosa di vendicarsi di Shadow.

Tutto andrà per il verso giusto, in questa innocua avventura che nell’arco di un’ora e venti minuti riduce il lungo e spericolato inverno di un ingenuo ma intrepido pulcino.

Ploi è un’insolita coproduzione islandese-belga, talmente priva di personalità che potrebbe provenire da qualunque altro paese. Alla prima esperienza nel cinema d’animazione, Árni Ásgeirsson si fa affiancare da Friðrik Erlingsson, sceneggiatore di Legends of Valhalla: Thor, primo cartoon islandese.

I buoni sentimenti mitigano il tema meno esposto su cui si edifica la lotta per la sopravvivenza, il desiderio di far fuori il falco, emblema del male nonché colpevole della morte del padre di Ploi e principale pericolo per i pivieri.

I colori delicati e la simpatia dei personaggi di contorno (la pernice dal bel piumaggio e i pigri zigoli) edulcorano la favola proprio per venire incontro alle esigenze del pubblico di riferimento. E anche il tema amoroso è affrontato secondo la sensibilità infantile, nella prospettiva di una casta amicizia.

Certo, il sistema di valori non è sempre condivisibile. Il rispetto del prossimo, la fratellanza tra animali, la ricerca di un posto nel mondo, d’accordo, ma c’è un atteggiamento un po’ troppo retrogrado contro chi non migra, trattato quasi come un traditore della patria.

Comunque, funzionano meglio altri elementi, tra tutti i ripetuti gag del gattone e il numero della volpe affamata. Discreta la colonna sonora di Atli Örvarsson, nonostante il mediocre adattamento italiano dell’unica canzone.