“Il mio padrone è Luigino Pizza, che tutti lo chiamano così a causa delle pizzerie… Io mi chiamo Pericle Scalzone… Di mestiere faccio il culo alla gente”. Così inizia Pericle il Nero, il romanzo (Adelphi) di Giuseppe Ferrandino a cui è liberamente ispirato l’unico film italiano in cartellone nella Selezione Ufficiale, Un Certain Regard, del 69. Festival di Cannes. Progetto di lunga gestazione, a cui erano stati associati registi quali Francesco Patierno, con Pietro Taricone per interprete, e Abel Ferrara, arriva infine per la regia di Stefano Mordini: protagonista eponimo, Riccardo Scamarcio, anche produttore e, ancor prima, propugnatore del progetto (era già il protagonista di Abel Ferrara).

Nel cast anche Marina Foïs, Gigio Morra, Valentina Acca, Maria Luisa Santella, Lucia Ragni, Eduardo Scarpetta, la sceneggiatura è firmata dallo stesso Mordini con Francesca Marciano e Valia Santella. Il film è una co-produzione Italia-Belgio-Francia: Scamarcio, Valeria Golino e Viola Prestieri per Buena Onda, i fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne per Les Films du Fleuve e Akain Attal per la gallica Les Productions du Trésor.

Ma chi è Pericle? Al soldo della camorra, compie spedizioni punitive per Don Luigi (Morra), un boss trapiantato a Liegi: prima Pericle stordisce le sue vittime, colpendole in testa con un sacchettino di sabbia, poi le sodomizza. Nel tempo libero, partecipa a film porno, si droga con misura, vivacchia: non è molto considerato, anzi, canzonato se non deriso, eppure, forse non è così “sciocco” come potrebbe sembrare. Purtroppo, qualcosa va storto: oltre alla vittima designata, un prete, colpisce Signorinella (Maria Luisa Santella), regina di camorra. La preda ora è lui, da Liegi scappa a Calais, dove incontra Anastasia (Marina Foïs), separata con due figli, e prova a sfuggire ai sicari…

Dalla Napoli di Ferrandino Mordini trasferisce la storia in Belgio (e Francia), ponendo l’accento sui non luoghi, ovvero rincarando la solitudine di Pericle: non il pop di Gomorra, non l’antropologia di Anime nere, la possibile terza via del mafia movie nostrano ha un coté esistenzialista e analogie con il polar, il noir transalpino. Se Scamarcio consegna una delle sue prove migliori, non tutto funziona nel film: la love story catalizza qualche inverosimiglianza di troppo; le caratterizzazioni di Don Luigi e Signorinella sono troppo e inopinatamente marcate, il finale con le due verità dei medesimi abbastanza inconsulto, di certo verboso e stracco.

Al contrario, per fotografia, respiro e impatto la scena di Scamarcio/Pericle singhiozzante sulla spiaggia di Calais è da ricordare e, più in generale, la vita belga di Pericle – dal porno alla droga passando per la casa sicura dei tunisini – è ben messa a fuoco. Complessivamente, un film discreto.