Faccio un film serio, anzi no. Deve aver cambiato idea in corso d'opera Bertrand Blier. Fotografia e atmosfere fanno all'inizio pensare a un dramma alla francese. Poi una serie di piccoli indizi delinando l'impronta surreale che segna la svolta del film. Scelta di per sé legittima, che il regista impone però calcando su eccessi e dialoghi quantomeno spiazzanti. Su tutti parla il volto di Bertrand Campan: prima tormentato e introverso, si abbandona in seguito a un crescendo di goffagini dal dubbio esito. Il tutto è dovuto all'imprevista fortuna in cui si imbatte: una miliardaria (e teorica...) vincita alla lotteria, che decide di investire in una compagnia di lusso che la vita non gli avrebbe altrimenti riservato. La scelta cade su Monica Bellucci, qui dichiaratamente elevata a oggetto del desiderio, nel ruolo di una prostituta per diletto. Due poli opposti dell'arco umano, che lo sviluppo narrativo forza ad avvicinarsi senza il rispetto di tempi e dinamiche. Più che surreale, il crescendo affettivo tra i due sembra raffazzonato. Lui, allibito di fronte alla fortuna, reagisce alla bellezza di lei con colpi apoplettici e infarti che stroncano anche l'amico dottore venuto a visitarla. Lei, strappata alla strada, si adagia nel nuovo ruolo di casalinga ninfomane, accudendolo con pasti italiani e mise da capogiro. Il doppiaggio la aiuta, ma (probabilmente) deturpa i dialoghi. Concendendo il beneficio del dubbio alla versione originale, eloquente resta però il rimbrotto al protagonista dall'amico medico: "Se la pompa non regge - gli dice durante una visita -. Non ci si accasa con una bomba nucleare". Da questo punto in poi la strada imboccata è inequivocabilmente chiara. Siparietti allucinati con i colleghi di lavoro e disquisizioni sul sesso con la dirimpettaia preludono all'entrata in scena di Gerard Depardieu: boss malavitoso, nonché uomo e protettore della Bellucci, che sembra ormai prestato al cinema più per inerzia, che per convinzione.