Bambina, Anna era cazzuta: si fece quattro anni dalle suore, ma allora non aveva paura di nulla, sapeva volare. Letteralmente: volo dell’angelo, alla Festa dell’Assunta. Trent’anni e più dopo, Anna Ruotolo (Valeria Golino, superba) ha perso la guerra: si lascia vivere, non ha più amore, è ancora sensibile ma ignava, all’insegna dell’”è niente, fa niente”, che poi niente diventi davvero. Ha una famiglia, e un rapporto fusionale con i tre figli: Arturo, che è sordomuto, e le due ragazze Cinzia e Santina.

Purtroppo, ha anche un marito, Gigi Scaglione (Massimiliano Gallo), che è un poco di buono: quanto poco Anna non lo sa o, meglio, fa finta di non saperlo. E’ violento, Ciro, sfratta i condomini dal palazzo in cui abita la famiglia, e chissà quante altre cose ancora. Anna ha anche un lavoro: fa la suggeritrice in uno studio televisivo, meglio, il “gobbo umano”, perché la star della soap, Michele Migliaccio (Adriano Giannini), vuole le battute scritte a mano. Da lei, che ha “rubato” il posto a Ciro (Salvatore Cantalupo), il suo mentore. Quanto Anna può ancora non vivere così?

18 anni dopo, un’altra maturità, il suo primo lungometraggio, l’ottimo Giro di lune tra terra e mare, Giuseppe Gaudino torna alla finzione: Per amor vostro, in Concorso – l’ultimo titolo a passare – a Venezia 72. Non solo è il migliore dei quattro italiani in lizza, ma pure quello con più chance di portare a casa un felino o un altro premio, in primis con la superlativa Valeria Golino: altre volte è stata così brava, Valeria, forse nessuna così totalizzante, mesmerizzante, magica. Brava.

Foto di scena del film
Foto di scena del film
Foto di scena del film
Valeria Golino

Gaudino non è da meno, partenopeo e parte tutto il resto, in primis, demiurgo: prende il realismo, e il Neorealismo, e lo infetta di onirico, poetico, iperrealistico, fagocitando soap opera e telefoni bianchi, commedia dell’arte e musicarelli (sublime colonna sonora), il Quartetto Cetra e gli effetti speciali, l’arte e la videoarte, Gomorra e Matarazzo, Stromboli e LaChapelle. E’ un film ipertrofico, eppure, sotto sotto geometrico, perfino cartesiano: storia e racconto non si lasciano mai la mano, si guardano negli occhi, che sono quelli liquidi d’identità ferita della Golino. Anna, e vedremo se Anna dei miracoli: la troviamo in medias res, ma non è un’aurea mediocritas, piuttosto una sospensione dal giudizio. Anna è povera: dentro, non perché i soldi non ci siano. Piuttosto, da dove vengono, dove li prende Ciro, vogliamo credere, dalla vendita dei fuochi d’artificio?

Gaudino indaga, aggiunge e aggiunge ancora, affastellando intuizioni, suggestioni, incubi e videoclip sulla via di Anna, sulla via della croce. Di più, ci porta all’Inferno e alla pesantezza dantesca, il bianco e nero è, in realtà, decolorazione, deprivazione di gioia, di vita: Anna è creatura dei morti, e per riguadagnare la vita servirà Caronte (Michele) e un folle volo, un altro, verso un sole nuovo.

Barocco, dominato dall’horror vacui e sinceramente incline alla superfetazione, il film gioca tra registri, formati e generi, ma sa sempre le carte che ha in mano, e sono buone: nessun bluff, piuttosto, una ventata di aria fresca che ci fa sussultare sulle poltrone e dà uno scossone – meglio, un calcio in culo – al cinema italiano che si vorrebbe nuovo ma non è. Sì, Per amor vostro è un titolo che mantiene la dedica. Applausi.