Dopo Shrek primo e secondo capitolo (sorvoliamo su Madagascar), la Dreamworks Animation riprende il discorso animazione ridando nuovamente vita al topos per eccellenza del cartone animato: l'animale parlante che vive e recita con personalità, tic e presunzioni da essere umano. Elemento significante che porta sicuro al successo di una pellicola, in quanto la lettura del segno non richiede mediazione e profonde immediata simpatia. Detto questo la frontiera dell'animazione può solo rinnovarsi su due strade: quella tecnica e quella della scrittura. Del dato tecnico, per quel che riguarda Over the Hedge, la tridimensionalità e l'interazione a livello di proporzioni tra animaletto e figura umana si fa sempre più attenta e "realistica"; del dato sceneggiatura dipende dalla committenza. Over the Hedge, da questo punto di vista, toglie qualcosa in merito al linguaggio usato, alla spregiudicatezza unpolitically correct di uno Shrek. I registi Tim Johnson e Karey Kirkpatrick, praticamente ad una sorta di opera prima, si concentrano maggiormente sulla scansione visiva dei quadri che si susseguono soprattutto nel sottolineare il ritmo sfrenato delle azioni di furto dei piccoli protagonisti (RJ il procione, Verne la tartaruga, Hammy lo scoiattolo, i due opossum, la puzzola e la famiglia di ricci) alla ricerca di cibo da mangiare in una graziosa casina a due piani, di una tranquilla periferia americana. Ovviamente gli animali giocano sull'elemento sorpresa in base al quale l'umano si trova spiazzato e continuamente all'inseguimento. Il resto è secondario, come la velata allusione allo spreco di cibo negli Stati Uniti o la battuta corrosiva sul fatto che certe trappole sadiche per animali si vendono sottobanco solo in Texas. Ne esce quindi un film che prova a divertire confermando pretese e pregiudizi della vigilia: tutti dalla parte del gruppetto di bestiole del sottobosco e invenzioni visive come piovesse, compresa quella dello scoiattolo cretino che si spiaccica sul vetro della cinecamera (che non esiste) ma rivela il supposto artificio del cinema. Postilla breve sui prestatori di voce: che siano Bruce Willis e Nick Nolte, poi magari in Italia doppiati da Pino Insegno e Leo Gullotta (per dire), è probabile che non farà differenza, visto l'eccessivo sbilanciamento creativo sul dato figurativo rispetto a quello della parola.