Falluja, Iraq. Gennaio 2004. Una divisione dell'esercito americano occupa un'area abbandonata ai margini della città. Missione: mantenere l'ordine e prevenire l'insurrezione nel vicino centro abitato. Come un'ombra, la macchina da presa di Ian Olds e Garrett Scott tallona i soldati sul campo e nel privato. Se non fosse tutto terribilmente vero, potrebbe essere il seguito ideale di Jarhead: paure e illusioni sono le stesse del Golfo Persico. Alle immagini di donne e bambini terrorizzati durante le irruzioni notturne si alternano i disarmanti identikit di queste giovani reclute. Ragazzi con mogli a carico e burrascosi trascorsi scolastici, che nell'esercito hanno trovato il miraggio di un futuro possibile. La parola d'ordine diventa presto disillusione: quello che vedono è un groviglio di interessi economici e strategie di palazzo. La sensazione, dicono, è quella di essere abbandonati a se stessi: una goccia nell'oceano incapace di rispondere all'esasperazione della gente. Il primo compito è convincerli che sono lì per portare la pace. Vecchi e bambini si aggrappano alla telecamera per interrogare il mondo: "E l'acqua, l'elettricità, la democrazia che ci avete promesso?". Le domande si ripetono sotto le bombe. Il tempo passa. E mentre l'82ª divisione lascia il campo ai marines, infuria la più violenta offensiva americana. Quando Falluja cade, nel maggio 2004, il bilancio è di 42 militari e oltre 1000 civili rimasti sul campo.