Contratti non rinnovati, licenziamenti illegittimi e in tronco, gestione del personale in grande difficoltà, operai in tuta verde della divisione manutenzione (da “il formicaio” per tutta la gente che ci lavorava a “il cimitero”), assistenti di volo e costruttori di aeromobili improvvisamente senza lavoro. Cosa c’è dietro il più grande licenziamento di massa della storia della repubblica italiana, ben 11.000 persone, ovvero dietro il fallimento di Alitalia avvenuto il 14 ottobre del 2021? Sicuramente ci sono una serie di errori e di scelte poco azzeccate che non hanno rilanciato la nostra compagnia di bandiera, diventata simbolo di un vero e proprio modello economico che racchiude tutto quello che non si dovrebbe mai fare.

Ce lo racconta il docufilm Noi siamo Alitalia-Storia di un paese che non sa più volare di Filippo Soldi, terzo capitolo della così detta Trilogia del lavoro (i precedenti sono: Tutti giù per aria- L’aereo di carta per la regia di Francesco Cordio e Suicidio Italia- Storie di estrema dignità sempre per la regia di Filippo Soldi, vincitore del Globo d’Oro come migliore documentario nel 2013).

Dalle stelle al collasso: Alitalia, compagnia di bandiera nata nell’immediato dopoguerra, nel 1946, cresciuta nel periodo del boom economico, vettore ufficiale delle Olimpiadi di Roma nel 1960, era riuscita a rientrare con i suoi 200 aerei di cui 40 per il lungo raggio tra le prime sette compagnie mondiali quando volare era un lusso.

Le immagini di repertorio e le testimonianze dei maggiori esperti del trasporto aereo civile nazionale ed estero, dei politici, alcuni dei quali critici e altri responsabili del nuovo piano industriale ITA, che, a vario titolo, sono intervenuti nel delicato dossier Alitalia, ci conducono all’interno di questa intricata vicenda. Contribuiscono a fare luce sulle operazioni che hanno portato al disfacimento della compagnia di bandiera due esperti: il giornalista de Il Sole 24 Ore Gianni Dragoni e Fabrizio Tomaselli, uno dei fondatori del sindacalismo di base nel trasporto aereo. Un po’ meno interessante la cornice dei quattro giovani sceneggiatori incaricati da una casa di produzione cinematografica a disaminare le operazioni che hanno portato a questo disfacimento.

Prodotto dall’Associazione Culturale Ticto, da Alessandro Tartaglia Polcini in collaborazione con Own Air e con il sostegno e il patrocinio del Comune di Fiumicino, il film è dedicato alla memoria del pilota Francesco Fasolo, lanciatosi nel vuoto per non aver retto al peso della perdita del lavoro. Aveva trentotto anni ed era uno dei 1322 dipendenti licenziati lo scorso anno da Air Italy.