Il regista cinese Ning Hao mostra al concorso della Berlinale un road movie di grande impatto visivo sullo stile dei fratelli Coen. In Wu Ren Qu – No Man's Land un giovane avvocato di successo parte per un viaggio da Hong Kong al deserto di  Xinjiang per incontrare un mandante. Lungo la strada, però, compaiono nuove conoscenze grottesche e pericolosissime. E si ritrova a dover fuggire per salvare la vita.  "Questa è una storia di animali”, annuncia il protagonista e eroe del film,  l'avvocato rampante della metropoli Pan Xiao (Xu Zheng).  E ha ragione. Il centro intorno a cui si annoda la storia sono due falchi catturati illegalmente per essere venduti a un collezionista.  Il mandante è il ladro di falchi. Diritto e legge in Cina sbiadiscono appena si esce dalle grandi città, fino a sparire del tutto nel deserto di Xinjiang.  La voglia di denaro diventa così il motore della storia. Della Cina? Bastano 500 chilometri a sud di Hong Kong per entrare nella macchina del tempo. La No Man's Land di Ning Hao potrebbe essere il New Mexico del 1860. Hao ci mostra una parabola filosofica di grande effetto visivo, su una società che sta perdendo i pezzi, ancora prima di raggiungere l'apice.  La lotta per il potere e la ricchezza potrebbe essere il motivo della prima grande depressione cinese. Staremo a vedere. Di certo una società senza scrupoli, né morale, è difficile immaginarla oltre l'orizzonte. La cosa più bella del film? Il montaggio – omaggio a Sergio Leone. I frastagliati esterni nel deserto come eco dell'anima li ha inventati lui.