Interpretata da Diane Fleri, Nina è una specie di esule in una Roma agostana, deserta. Per badare al cane di un amico (Andrea Bosca), partito in villeggiatura con i genitori, si trasferisce in una casa nuova, in una zona a lei sconosciuta, dove è più facile avvistare un UFO che incontrare qualcuno. Unici compagni di viaggio di questa strana estate romana saranno, animali a parte, un bambino che tiene in custodia il palazzo, un sinologo napoletano (Ernesto Mahieux) dal quale Nina va a lezione nella speranza di traslocare in Cina, e un ragazzo enigmatico con cui intreccia una contorta storia d'amore, Fabrizio (Luca Marinelli).
All'esordio nel lungometraggio, Elisa Fuksas, figlia d'arte (il padre è l'architetto Massimiliano), ricama su un fazzoletto di trama gli origami del presunto cinema d'autore: linee, luci, corpi e volumi compongono scatole geometriche perfette.
Nina ha i pregi e i difetti di un'opera prima. Ha l'audacia di osare e poco senso della misura. Ogni inquadratura ostenta un complesso del bello. Cerca uno stile, ma non sempre un motivo.
Nella gloria del piano, gorgo centripeto della visione, le architetture dello sguardo suscitano ammirazione. Senza smuovere nulla.