Secondo lungometraggio del torinese Daniele Gaglianone, dopo il convincente esordio de I nostri anni del 2001. Nemmeno il destino può separare Ale, Ferdi e Toni (Mauro Cordella, Fabrizio Nicastro, Giuseppe Sanna, attori non professionisti) e Toni, "zarri" di periferia con famiglie disastrose alle spalle. Toni sparisce presto senza lasciare tracce, Ferdi non vuole ridursi come il padre, prostrato dalla fabbrica e dalla bottiglia, mentre Alessandro convive con la madre chiusa in un mondo a lui inaccessibile. Che fare? Risposte diverse, ma ugualmente generate dalla disperazione di menti e corpi che la giovane età vorrebbe liberi e plastici. Adattando il romanzo omonimo ' recentemente riscritto a partire dal film - di Gianfranco Bettin, Gaglianone ne conserva lo spirito originario senza però cadere in uno sterile appiattimento letterario: "E' un racconto sulla transizione di due adolescenti - spiega il regista -  che rimasti orfani devono salvarsi dal mondo". Fotografato splendidamente da Gherardo Gossi, il film è stilisticamente complesso, con i cambiamenti psico-affettivi dei personaggi stampigliati sulle immagini stesse, chiamate a seguirne l'evoluzione e la (im)possibile maturazione. Nemmeno il destino si palesa quale romanzo di formazione, ma con le pagine strappate, masticate nervosamente, infine sputate secondo traiettorie divergenti (morte e salvezza) ma in fondo congruenti nel nome di un'amicizia indelebile. Nonostante qualche limite (la cesura poetico-formale coincidente con l'ingresso in comunità di Ale, la narrazione a tratti debordante), Nemmeno il destino è con Le chiavi di casa di Amelio il miglior lungometraggio italiano presentato alla 61. Mostra di Venezia, dove è stato confinato nelle Giornate degli Autori. Film coraggioso, che tocca dentro e non ritrae la mano: l'opera seconda che aspettavamo.